Operazione “Battleship”. Blitz della GdF contro la Scu nel salento
Una vasta operazione antimafia è scattata alle prime luci dell’alba nel Salento.
Oltre 80 militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Lecce, in collaborazione con il Servizio centrale investigazione criminalità organizzata di Roma, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Lecce, hanno eseguito 14 ordinanze di custodia cautelare richieste dai magistrati della Dda ed emesse dal Gip a carico di altrettante persone, vertici ed esponenti di spicco del clan “Caracciolo-Montenegro”, egemone nei territori di Monteroni, Leverano, Copertino, Porto Cesareo (Lecce) e nel sud Salento.
I reati contestati sono quelli di associazione di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata alla produzione ed al traffico internazionale di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, furto e minaccia aggravata con l’uso delle armi.
Complessivamente sono 41 le persone denunciate dal Gico nel corso dell’operazione denominata “Battleship”, 4 quelle arrestate in flagranza di reato per traffico di stupefacenti.
Sequestrati kg 1,208 di marijuana, gr. 150 di eroina e gr. 40,45 di cocaina.
Le indagini, condotte dal G.I.C.O. del Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Lecce, durate quasi due anni, hanno minuziosamente ricostruito l’operatività criminale del gruppo facente capo ad Alessandro Caracciolo (detto “Frasola”) e alla moglie Maria Montenegro (entrambi di Monteroni), inizialmente affiliati al famigerato clan “TORNESE”, dal quale si sono poi gradualmente svincolati e con cui è maturata una crescente conflittualità per assicurarsi il controllo del territorio.
Una vera e propria associazione a delinquere di “stampo mafioso” – come affermato anche nel provvedimento emesso dal G.I.P. – dotata di una struttura gerarchica e ramificata, che ha consentito alla famiglia di Monteroni di assumere il controllo totale delle attività delinquenziali nell’ambito del territorio di propria influenza, riscuotendo il c.d. “punto” sugli introiti delle attività criminali (ossia una percentuale su tutte le attività delittuose di rilievo compiute sul territorio, in misura non inferiore al 20%), imponendo – tra l’altro – servizi di guardiania in occasione di pubblici spettacoli, commettendo delitti contro il patrimonio (estorsioni e furti), assumendo condotte minacciose e/o violente al fine di realizzare profitti e vantaggi ingiusti, parte dei quali destinati al sostentamento degli affiliati detenuti e dei loro familiari e col preciso scopo di affermare e conservare il proprio controllo mafioso sul quella porzione di Salento ritenuta di propria pertinenza.
La prova del marcato ed ampio consenso sociale affermato sul territorio è dato dalle ripetute richieste rivolte ai vertici dell’organizzazione per dirimere le più disparate controversie private o per tornare in possesso di beni o merci precedentemente rubati. L’operazione “Battleship” ha, inoltre, dimostrato ancora una volta – come in altri contesti mafiosi nazionali – il decisivo ruolo chiave delle donne del “clan”, non solo in grado di impartire ordini e dirigere le operazioni, ma anche in grado di farsi esse stesse protagoniste di minacce ed intimidazioni per imporre la “forza” e la “presenza” della famiglia verso coloro i quali si fossero rivelati riluttanti ad accettare l’egemonia criminale dei “Caracciolo – Montenegro” nel Sud Salento.