Dedicare l’8 marzo a Paola Clemente, perché la sua morte non sia resa vana

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Dedicare l’8 marzo a Paola Clemente. E’ la proposta di Ida Cardillo, segretaria territoriale della Uila Uil di Taranto. In occasione dell’8 marzo, infatti, la Cardillo ha chiesto a tutte le amministrazioni comunali della Provincia di Taranto di commemorare la memoria della sangiorgese uccisa dal caporalato.
“Paola Clemente – ricorda Cardillo – era una bracciante di 49 anni, madre, moglie e lavoratrice. La sua storia non è dissimile da quella di tante altre sue colleghe, nostre concittadine che ogni giorno ripetono le stesse litanie. E’ diverso l’epilogo però. E’ per questo che riteniamo opportuno, proprio nel giorno della festa delle donne, fermarci un attimo ad ascoltare il racconto di questa storia di ordinaria schiavitù, accaduta nella Puglia della pizzica e delle “chiangaredde”, delle Masserie di lusso per i vip, delle affollatissime discoteche sulle spiagge. La storia di Paola è finita con un infarto letale alla fine di un’estenuante giornata di acinellatura sotto i 42 gradi di un “tendone” in una giornata afosa di luglio”.
La Clemente ha ricevuto giustizia: “I suoi sfruttatori, per la prima volta per un reato di questo tipo, sono in carcere grazie  alla legge 199 del 2016 contro il caporalato,
recentissima vittoria di civiltà. Ed è a lei – prosegue Cardillo – e alle sue 40mila colleghe pugliesi, che, in un circolo vizioso di sfruttamento difficile da interrompere, migrano ancora quotidianamente da un campo all’altro della nostra lunga regione, che dovremmo dedicare questo 8 marzo”.
La Uila intende così dare un senso a quel “sacrificio” che toglie alla vita, agli affetti e al futuro. “Non deve esserci un’altra estate di drammi – avverte Ida Cardillo – ed il lavoro non deve più uccidere le donne ancora oggi come alla “Triangle” nel 1911, piuttosto che liberarle”.
L’invito è ad ispirarsi alla rivoluzione di 100 anni fa in Russia. Operaie e madri di famiglia scesero in piazza contro la guerra. Chiedevano pane, pace per i loro figli e diritti per se stesse, sfidando polizia e esercito. Poco dopo lo Zar abdicò e fu arrestato.
Una  rivoluzione nata a marzo non poteva che avere volti femminili, tra la folla c’erano femministe liberali e bolsceviche, operaie e intellettuali, maestre, aristocratiche, mogli dei soldati, e tante “donne affamate che chiedevano pane”.
“Queste eroine – conclude la sindacalista – devono essere il riferimento del nostro 8 marzo, per portare avanti la “rivoluzione” di civiltà che solo le donne possono fare perché esse “erediteranno la terra” ed essendo più attrezzate a cogliere le opportunità che hanno difronte, la renderanno un posto migliore”.

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