Diffamò il dott. Vittorio Saladino: condannato il direttore de “La Voce di Manduria”

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Confermata dalla Corte d’appello di Lecce la sentenza del Tribunale monocratico di Taranto con la quale si condanna il direttore del “La Voce di Manduria” Nazareno Dinoi per diffamazione nei confronti del dott. Vittorio Saladino, ex commissario di Manduria.

La Corte d’Appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, presieduta dal dott. Pietro Genoviva, ha respinto, con sentenza del 26 Aprile 2023, il ricorso presentato dai legali del direttore de “La Voce di Manduria” Nazareno Dinoi, con il quale si chiedeva la riforma integrale della sentenza emessa dal
Tribunale di Taranto che condannava il giornalista, in qualità di autore e direttore responsabile, al risarcimento del danno non patrimoniale subìto dal dott. Vittorio Saladino, ex prefetto in pensione, a causa di alcuni articoli pubblicati nel 2018 nell’edizione on line e cartacea del giornale.

La notizia era relativa ad una vicenda giudiziaria che aveva coinvolto il dott. Saladino, all’epoca dei fatti commissario straordinario del Comune di Manduria, rinviato a giudizio per il reato di abuso d’ufficio a conclusione di un’indagine che lo aveva riguardato in veste di (ex) prefetto di Rimini (unitamente ad altri esponenti istituzionali di primo piano).

Secondo Dinoi l’interesse alla divulgazione della notizia, cui aveva dedicato quattro articoli relativi all’evolversi del procedimento penale conclusosi con la sentenza di assoluzione, scaturiva dal ruolo istituzionale ricoperto dal dott. Saladino, chiamato a comporre la Commissione per la gestione
provvisoria del Comune di Manduria e ad esercitare le funzioni di Sindaco in seguito allo scioglimento del Consiglio Comunale, incarico ricoperto fino ad ottobre 2020.
Per la Corte d’Appello l’informazione a cui Nazareno Dinoi diede diffusione mediante la pubblicazione degli articoli giornalistici del 20.09.2018, 11.10.2018 e 28.11.20118 è viziata da falsità in quanto riportava che l’ex prefetto di Rimini, Vittorio Saladino, assieme ad un altro ex prefetto e ad un ex vicecomandante della polizia municipale di Riccione, era stato rinviato a giudizio perché “avrebbe annullato senza motivo multe a parenti ed amici” quando era prefetto di Rimini. In realtà i capi di imputazione di abuso d’ufficio per i quali il dott. Saladino è stato tratto in giudizio erano quelli relativi all’uso a fini personali delle
prestazioni lavorative di un dipendente della locale Prefettura e all’annullamento di una contravvenzione per violazione del codice della strada contestata alla moglie dell’ex Prefetto.
Il dott. Saladino, dunque, secondo le contestazioni dall’autorità giudiziaria penale, non è stato accusato di “aver annullato … multe a parenti e amici”. Una circostanza, questa, non di poco conto in quanto, con la
espressione “aver annullato … multe a parenti e amici”, il giornalista ha finito con il collegare il dott. Saladino non solo a singole ipotesi di reato, ma ad un vero e proprio modus operandi, come se l’ex prefetto fosse solito tenere tale condotta illecita.
Per i giudici la falsità di quella notizia, per la gravità del suo significato, non era affatto marginale, né una mera inesattezza o imprecisione.

Dagli atti acquisiti si desume il dolo nella condotta di Dinoi.
Nel primo articolo, quello pubblicato in data 20.09.2018, il giornalista ha riportato la nota inviata all’Ansa dal dott. Saladino con la quale l’ex prefetto si difendeva contestando di essere stato rinviato a giudizio per “aver annullato multe a parenti ed amici” e precisando che la vicenda riguardava un’unica contravvenzione elevata alla moglie.

Quindi, l’autore ben sapeva della contestazione sollevata sulla veridicità della notizia ma, ciò nonostante, anziché attivarsi diligentemente per verificarla, ha insistito pubblicando la stessa falsa notizia anche nei due articoli successivi.
Nella pubblicazione del 28.11.2018 Nazareno Dinoi ha addirittura accostato, in un unico articolo, la notizia (in parte falsa) relativa al Saladino a quella del giudizio civile per la non candidabilità degli ex
amministratori del Comune di Manduria, decaduti a seguito dello scioglimento del consiglio comunale per condizionamenti della malavita organizzata, fatto di particolare gravità.

Non sussiste infine e non può applicarsi – aggiungono i giudici della Corte d’Appello – la scriminante dell’esercizio del diritto di cronaca, neppure di quella putativa per aver il giornalista creduto incolpevolmente e involontariamente nella veridicità della notizia tratta da “autorevoli fonti informative di ampia diffusione nazionale” tra cui Ansa e delle “altre e numerose testate anche di rilievo nazionale”.
Infatti, a tal fine non ha rilevanza la circostanza che altre testate giornalistiche avrebbero diffuso la stessa falsa notizia.
Il giornalista, si legge nella sentenza, non può fare affidamento in buona fede su una fonte informativa costituita da altre pubblicazioni giornalistiche, atteso che in tal modo finirebbe col confidare sulla correttezza e professionalità dei colleghi, in una sorta di circuito autoreferenziale.

Per i giudici, inoltre, il contenuto offensivo della notizia e il dolo di Dinoi non sono esclusi dalla pubblicazione del 29/11/2018 mediante la quale veniva dato risalto alla notizia dell’assoluzione con formula piena del dott. Saladino, in quanto il fatto non incide sull’esistenza del danno alla reputazione subìto. Danno dimostrato da una serie di elementi quali il contenuto offensivo della notizia, dalla notorietà e dall’importanza delle funzioni svolte dal dott. Saladino nel Comune di Manduria, dall’uso di mezzo di
diffusione generalizzata (giornale periodico), dalla diffusione tra tutti coloro che risiedono nello stesso Comune (Manduria), dove il dott. Saladino esercitava le funzioni di commissario straordinario del Comune e il giornale si presume avesse ampia diffusione, dalla ripetitività e dalla persistenza della condotta illecita del giornalista e dalla natura dolosa della condotta.

La Corte d’Appello di Lecce ha dunque respinto il ricorso e confermato la condanna inflitta a Nazareno Dinoi dai giudici del Tribunale di Taranto.