Caso Stano: il giudice concede la messa in prova ad 11 minorenni
Il presidente del Tribunale per i minori di Taranto Bina Santella ha concesso la messa alla prova per periodi tra i due anni e i tre anni (in base alla gravità delle accuse) ad 11 minorenni (tutti di età compresa tra i 16 e i 17 anni), giudicati con il rito abbreviato, coinvolti nell’inchiesta sulla morte di Antonio Cosimo Stano, il pensionato di 66 anni di Manduria deceduto, il 23 aprile del 2019 dopo una serie di aggressioni da parte di più gruppi di giovani che poi postavano i video sulle chat di whatsapp. Il provvedimento riguarda anche l’unico imputato – 17enne – per il quale il procuratore per i minori Antonella Montanaro si era opposto alla messa alla prova, evidenziando la sua “indole violenta”.
Era già stata concessa la messa alla prova ad altri due minorenni (uno a due anni e due mesi, l’altro a due anni e sei mesi) processati con rito ordinario.
Il percorso di attività di utilità sociale sarà svolto sotto la supervisione dell’amministrazione giudiziaria e solo se avrà esito positivo (una prima udienza di verifica è prevista per il 5 maggio prossimo), il reato sarà giudicato estinto, altrimenti il processo si riaprirà.
Tre maggiorenni vengono giudicati, invece, con il rito abbreviato dal gup Vilma Gilli, che ha affidato una perizia per stabilire l’eventuale nesso tra la morte di Stano e le aggressioni subite. Le accuse contestate sono tortura aggravata dalla sopraggiunta morte, lesioni personali, percosse, molestie, furto, sequestro di persona e violazione di domicilio.
Antonio Cosimo Stano, chiamato dagli aggressori “il pazzo”, è stato preso di mira per anni, subendo vere e proprie “incursioni” da parte della “Comitiva degli Orfanelli” che approfittava della solitudine in cui viveva l’uomo aggravata da alcuni problemi psichici come ansia e depressione. L’anziano aveva finito con l’avere paura di uscire di casa perfino per andare a fare la spesa. Temendo si trattasse dei suoi aggressori, il 66enne si era rifiutato di aprire la porta anche agli agenti del commissariato di Manduria che il 5 aprile lo hanno trovato in condizioni di salute precarie. L’uomo è stato quindi ricoverato in ospedale dove è morto diciotto giorni dopo.
Alcuni degli imputati rispondevano anche di aggressione a una seconda vittima, un 53enne affetto da disagio psichico.