Violenza donne, lo psichiatra Piccinni (BRF): “Gli abusi psicologici siano campanello d’allarme”

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«Stiamo vivendo un momento di profonda difficoltà: i dati relativi alla violenza domestica stanno aumentando anche a causa della convivenza forzata. È necessario che le istituzioni forniscano tutti gli aiuti necessari affinché le tensioni familiari non sfocino in abusi».

 
Questo è il messaggio lanciato dal professor Armando Piccinni, presidente della Fondazione BRF, in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne.
 
«È importante – continua Piccinni – che si comprenda come la violenza fisica nasca da un abuso psicologico cui dare la giusta attenzione perché questi sono i primi campanelli d’allarme: molto spesso capita che l’uomo tende a isolare la donna, a rompere i legami con la famiglia e con gli amici, di modo da renderla completamente “dipendente”.
 
Ed è altrettanto fondamentale che già al primo schiaffo, al primo tentativo di violenza si denunci subito, senza concedere alcun alibi al proprio partner: chi è violento la prima volta, lo sarà anche la seconda».
 
«Il trauma cui la vittima va incontro – spiega ancora lo psichiatra – è talmente profondo che spesso occorre un lungo lavoro e una lunga terapia. Ecco perché la Fondazione BRF, con i più importanti specialisti non solo della Toscana ma di tutt’Italia, sta lavorando alla creazione di un centro ambulatoriale iper-specialistico di supporto e aiuto alle vittime di abusi. Spesso solo un importante lavoro psichiatrico può “ricostruire” la vita distrutta di chi subisce violenze di questo tipo, che molto spesso portano a vere e proprie patologie come il disturbo da stress post-traumatico».
 
«Un consiglio importante in questo periodo – conclude il professor Piccinni – è allentare le tensioni col dialogo e la conoscenza: sapere, capire, riuscire a verbalizzare nell’ambito della famiglia eventuali tensioni, ci permette di dare un nome alla situazione che stiamo vivendo e dunque averne meno paura. Se manca una “sana” comunicazione è anche questo un primo campanello d’allarme che ci lascia comprendere che viviamo una relazione “malata”».