Taranto. Operazione Money & Drugs. Sequestrati soldi falsi e droga: 6 arresti
Al termine di un’indagine diretta dalla locale Procura della Repubblica, gli Agenti della Squadra Mobile di Taranto
, sezione reati contro il Patrimonio, coadiuvati dai colleghi della Questura di Napoli, hanno eseguito 6 misure cautelari (1 in carcere, 4 di arresti domiciliari ed 1 obbligo di presentazione alla p.g.) disposte dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Taranto nei confronti di sei persone (quattro tarantini e due napoletani), accusati di associazione a delinquere finalizzata alla consumazione dei reati di spendita di monete false e truffa.
L’operazione è stata denominata “Money & Drugs”: soldi falsi e droga era la specialità di questo gruppo criminale. In manette il 53 enne Francesco Vapore; agli arresti domiciliari la 47 enne Giuliana Guarini, la 46 enne Maria Alagni, il 31 enne Nicola Angelini; tutti di Taranto. Ai domiciliari anche Pietro CACCAVO di anni 43 residente a Napoli, mentre la 43 enne Rosaria Ferrigno residente a Napoli è destinataria della misura dell’obbligo di presentazione alla P.G..
L’indagine scattò dopo una perquisizione domiciliare effettuata dagli agenti della Squadra Mobile nell’agosto del 2016 presso l’abitazione di due degli indagati (marito e moglie), durante la quale fu rinvenuta, sul lastrico solare di pertinenza, all’interno di un tubo di sfiato, una busta contenente la somma di € 8.850, suddivisa in 128 banconote, del taglio di € 100 e di € 50, aventi, a gruppi, lo stesso numero di matricola e successivamente risultate contraffatte.
La circostanza che tali banconote si trovavano avvolte in un dépliant pubblicitario di punti vendita di Napoli, insieme al fatto che, già nel marzo 2014, il figlio della stessa coppia di indagati (peraltro a sua volta indagato per altri fatti nello stesso procedimento penale) era stato arrestato sempre dalla Polizia per possesso di banconote contraffatte da € 50 e € 100, per un totale di circa € 8.500 (oltreché per la detenzione di gr. 250 di hashish), hanno reso necessari ulteriori approfondimenti investigativi, con l’avvio di specifica attività di intercettazione.
Si è accertato, sin da subito, già nel mese di agosto, che la coppia di indagati, accompagnati da altre due persone ugualmente interessate dalle indagini, si sono recati in alcune località della Calabria e successivamente nella città di Napoli. Le registrazioni di diversi contenuti intercettati hanno dato prova che i quattro soggetti avevano nella circostanza speso banconote false (del taglio di 100 euro) presso alcuni esercizi commerciali, per poi raggiungere, nella città di Napoli, i fornitori di altre somme di denaro falso.
Questi ultimi, anche loro coniugi – l’uomo nel 2013 fu sorpreso in provincia di Potenza con 1.451 banconote false per un importo totale pari a 36.410 euro – erano i componenti di una vera e propria associazione a delinquere, capeggiata e diretta dall’indagato tarantino, e dedita in maniera organizzata e continuativa ad attività di spendita di banconote false nelle Provincie di Taranto, Cosenza, Brindisi, Lecce e Bari. Il gruppo, tra promotori e fornitori, metteva in atto sempre lo stesso modus operandi e si avvaleva anche di collaboratori che diffondevano materialmente le banconote false presso i singoli diversi esercizi commerciali, acquistando beni di ridotto valore presso esercizi commerciali di numerosi comuni (21 quelli individuati nel corso delle indagini), principalmente nelle Province di Lecce Brindisi e Bari, in ogni caso – salvo qualche rara eccezione – a una distanza tale da Taranto da scongiurare il rischio di poter essere riconosciuti.
Gli esercizi presi di mira dal gruppo erano ferramenta, farmacie, enoteche, salumifici, ottiche, rosticcerie, rivendite di generi alimentari e frutta, panifici, paninoteche, profumerie, ecc., accuratamente individuati nel corso delle trasferte, prediligendo quelli privi di dispositivi di controllo delle banconote e/o di impianti di video-sorveglianza (in caso contrario provvedendo a posizionare la vettura in maniera tale che non venisse ripresa), ed evitando allo stesso tempo di tornare in quelli dove avevano già in precedenza posto in essere analoga attività illecita (anche in questo caso facendo attenzione, tuttavia, che non si trattasse di “nuove gestioni”, nel qual caso avrebbero tentato un nuovo colpo).
Talvolta, neppure la presenza di dispositivi per il riconoscimento delle banconote false e l’attenzione prestata dagli esercenti hanno impedito la consumazione del delitto. Ciò grazie all’abilità maturata negli anni dagli indagati, che con elevata astuzia riuscivano a vincere le perplessità dei rivenditori più cauti (persuadendoli del fatto, ad esempio, che le banconote erano rigide perché nuove); uno di loro, già gravato da precedenti specifici per spendita di banconote contraffatte, veniva soprannominato per tale ragione “Mandrake”.
Proprio quest’ultimo, anche lui tarantino, lamentando di essere “fuori allenamento” e di dover nuovamente “prendere la mano” per tornare ad essere “Mandrake un’altra volta”, preferiva “allenarsi” prima con qualche spendita su Taranto, la sua città, per poi procedere a numerosi altri tentativi nelle province limitrofe, giungendo a portare a termine mediamente 8/9 spendite di banconote false da 100 euro nel giro di poche ore.
Durante i loro sopralluoghi gli indagati commentavano gli esiti di precedenti spendite, così come provvedevano all’immediata dispersione degli scontrini, dividendo non solo i proventi delle illecite cessioni di denaro (i singoli collaboratori venivano remunerati con 20 euro per ciascuna banconota da 100 “falsa” spesa), ma pure i prodotti acquistati.
Il capo dell’organizzazione, il quale seppure partecipava alle trasferte rimaneva sempre in auto, inviando all’interno degli esercizi i suoi collaboratori (fra i quali anche la moglie), lamentava talvolta l’acquisto di prodotti a suo dire troppo esosi, il che avrebbe ridotto i margini di guadagno. I singoli acquisti dovevano infatti ammontare a pochi euro, appunto per massimizzare il guadagno, ovvero l’ammontare del “resto” – in banconote genuine – che avrebbero dovuto consegnare loro gli esercenti.
Sono stati acquisiti elementi tali da far ritenere che oltre alle banconote da 100 euro (e 50 euro), gli indagati siano stati in possesso pure di banconote false da € 20.
Ad essere stati accertati e riscontrati (in alcuni casi grazie anche all’espressa denuncia-querela avanzata da parte degli esercenti truffati) sono stati oltre trenta episodi.
Riguardo le diverse provviste di banconote false, elementi utili sono stati tratti da alcune trasferte compiute dai coniugi tarantini nella città di Napoli, presso coloro che sono stati successivamente individuati quali fornitori. A costoro venivano di volta in volta corrisposti importi pari a 600 o 1300 euro per l’acquisto delle banconote false.
Oltre alla citata attività di riscontro, con sequestro di numerosissime banconote false, sono stati pure acquisiti elementi significativi in ordine alla detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, da parte questa volta di altre persone indagate separatamente.
Nei confronti di questi ultimi, fra cui anche il figlio della coppia indagata per la spendita di denaro falso, sono state eseguite nella mattinata odierna diverse perquisizioni personali e domiciliari delegate dalla stessa Procura della Repubblica.
Tra i sequestri di stupefacente più significativi operati nel corso delle indagini quello eseguito nell’ottobre 2016 di ben 46 panette di hashish, per un peso complessivo di kg 4,6.