Aldo Moro come Jacopo Ortis nel romanzo “Notte dì…racconti” (BESA 2022)

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Tutti parlano di MORO

Avevo due anni quando lo statista pugliese fu rapito e dopo 55 giorni di prigionia ucciso dalle Brigate Rosse, si usa dire, che però non furono le sole a scrivere una delle peggiori pagine della storia della Repubblica Italiana, stando agli atti della Commissione d’inchiesta 2014-17, fortemente voluta

dall’onorevole Gero Grassi e presieduta dall’onorevole Giuseppe Fioroni. Ma ciò è fatto noto e nonostante tutto, nonostante una relazione finale approvata dalla Camera dei Deputati all’unanimità il 13 dicembre 2017 (con un solo astenuto), si scrive e si dice tutto e il contrario di tutto sul Caso Moro e prescindendo da essa.
Perciò lungi da me fare lo stesso dal punto di vista tecnico e di accertamento della verità dei fatti, pur avendo scritto un romanzo La luna sopra di noi (BESA 2020) col sottotitolo Aldo Moro tra poesia e verità, che contiene un mero dialogo immaginario in tempo di pandemia ove la libertà è nella scrittura, nel sogno e nella poesia, appunto!
Affascinata dallo spessore umano e dall’attualità del pensiero della persona Aldo Moro, scrivo ancora in regime di lockdown e mi sovviene l’uomo solo, come abbandonato, che invoca la luce e la libertà dalla trappola del dramma da lui vissuto, mentre l’Italia fa i conti con il Covid-19… giorni tristi e angosciosi!
Sono le vacanze di Natale 2020, quanto mai insolite, alle prese con la zona rossa dei giorni festivi e prefestivi, lo smart working, l’isolamento sociale e la chiusura, quando comincio a immaginare un tempo futuro in cui il coronavirus potesse essere soltanto un lontanissimo ricordo, pur vivo negli animi di chi ha dovuto fare i conti con un nemico sempre più dilagante nella sua fluida realtà che lo rendeva imprendibile e inesorabile.
Immagino di narrare da un tempo futuro, il 2030, l’avversa realtà in cui ci siamo persi, ma forse anche ritrovati, scoprendo quella parte di noi sommessa, talvolta latente che nella tragicità del momento ha restituito essenze, istanti, profumi di vita, pezzi di storia, legami forti, indistruttibili anche di fronte alla morte, dolori insuperabili.
Gemma, la protagonista del romanzo Notte dì… racconti (BESA 2022) rievoca ai suoi bambini stralci di vita vissuta, sognata, presa e lasciata e poi riassaporata con una diversa maturità, forse saggezza o non-saggezza data dal tempo, dagli eventi, dagli accadimenti fortuiti che le passano addosso e, nonostante tutto, la fanno sentire viva.
La notte induce alla riflessione, ai dolci pensieri, ai sogni mai detti, alla tenerezza e alla voglia di coccole che prendono forma nei racconti che Gemma narra ai suoi due gioielli, Ennio e Virginia, detta Giglietta. Il buio non deve far paura ai bambini, ma essere il baluardo della loro immaginazione, una soffice culla che carezza le loro fronti e concilia il sonno e la serenità nel caldo abbraccio delle parole pronunciate dalla mamma.
Così la memoria fa un salto temporale a dieci anni prima, la sera del 23 dicembre 2020 quando per un caso fortuito la donna incontra Ruggero Guelfi, uomo maturo, noto amministratore delegato di  un’importante casa farmaceutica: uno scontro-incontro, senz’altro speciale, tra un uomo e una ragazza apparentemente molto diversi che consente di narrare la storia di ieri, quella attuale e quella possibile… ed ecco che i due, entrambi pugliesi, convergono su un unico grande nome: Aldo Moro.
In una Roma semideserta tra mascherine, restrizioni anticovid e pioggerellina di fine autunno si incrociano sogni, rimembranze e vissuti di due vite lontane che si scoprono simili…
Viene fuori una suggestione, l’accostamento dell’ultima lettera che Moro scrive durante la prigionia alla moglie Noretta, alla prima lettera del foscoliano Jacopo Ortis all’amico Lorenzo Alderani:
Tutto è inutile quando non si vuole aprire la porta…” scrive Moro, “Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto” constata con amarezza il giovane Jacopo.
Righe profondamente struggenti, sentite nell’anima e nel corpo, parola per parola, goccia a goccia. “Mia dolcissima Noretta…”, che dire?! Da inserire a pieno titolo nel volume del ‘900 di Storia della letteratura italiana al pari di Montale e Quasimodo, ben oltre il concetto del sublime romantico, al di fuori di qualsivoglia avanguardia, fuori schema, fuori concorso.
Jacopo si rivolge all’amico Lorenzo Alderani mentre Napoleone cedeva la Repubblica veneta all’Austria con il Trattato di Campoformio (1797). Il crollo dell’illusione politica è anche il crollo di tutte le altre, così che il romanzo si apre con uno squarcio dell’anima ferita a morte. Una suggestione eroico-negativa. Jacopo è costretto a lasciare Venezia per non essere perseguitato dagli austriaci e si ritira sui colli Euganei.
E così, il giovane attende tranquillamente la morte…
Da’ colli Euganei, 11 ottobre 1797.
Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo so: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’opprime mi commetta a chi mi ha tradito?
Consola mia madre: vinto dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. Or dovrò io abbandonare anche questa mia solitudine antica, dove, senza perdere dagli occhi il mio sciagurato paese, posso ancora sperare qualche giorno di pace? Tu mi fai raccapricciare, Lorenzo; quanti sono dunque gli sventurati? E noi, pur troppo, noi stessi italiani ci laviamo le mani nel sangue degl’italiani. Per me segua che può. Poiché ho disperato e della mia patria e di me, aspetto tranquillamente la prigione e la morte. Il mio cadavere almeno non cadrà fra braccia straniere; il mio nome sarà sommessamente compianto da pochi uomini buoni, compagni delle nostre miserie; e le mie ossa poseranno su la terra de’ miei padri.
Anche l’onorevole Aldo Moro sembra attendere tranquillamente la morte e scrive alla moglie Eleonora.
Roma, maggio 1978
Mia dolcissima Noretta,
dopo un momento di esilissimo ottimismo, dovuto forse ad un mio equivoco circa quel che mi si veniva dicendo, siamo ormai, credo, al momento conclusivo. Non mi pare il caso di discutere della cosa in sé e dell’incredibilità di una sanzione che cade sulla mia mitezza e la mia moderazione.
Certo ho sbagliato, a fin di bene, nel definire l’indirizzo della mia vita. Ma ormai non si può cambiare. Resta solo di riconoscere che tu avevi ragione. Si può solo dire che forse saremmo stati in altro modo puniti, noi e i nostri piccoli.
Vorrei restasse ben chiara la piena responsabilità della D.C. con il suo assurdo ed incredibile comportamento. Essa va detto con fermezza così come si deve rifiutare eventuale medaglia che si suole dare in questo caso. È poi vero che moltissimi amici (ma non ne so i nomi) o ingannati dall’idea che il parlare mi danneggiasse o preoccupati delle loro personali posizioni, non si sono mossi come avrebbero dovuto. Cento sole firme raccolte avrebbero costretto a trattare. E questo è tutto per il passato.
Per il futuro c’è in questo momento una tenerezza infinita per voi, il ricordo di tutti e di ciascuno, un amore grande, grande carico di ricordi apparentemente insignificanti e in realtà preziosi. Uniti nel mio ricordo vivete insieme. Mi parrà di essere tra voi. Per carità, vivete in una unica casa, anche Emma se è possibile e fate ricorso ai buoni e cari amici, che ringrazierai tanto, per le vostre esigenze. Bacia e carezza per me tutti, volto per volto, occhi per occhi, capelli per capelli. A ciascuno una mia immensa tenerezza che passa per le tue mani. Sii forte, mia dolcissima, in questa prova assurda e incomprensibile. Sono le vie del Signore. Ricordami a tutti i parenti ed amici con immenso affetto ed a te e tutti un caldissimo abbraccio pegno di un amore eterno. Vorrei capire, con i miei piccoli occhi mortali, come ci si vedrà dopo. Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo. Amore mio, sentimi sempre con te e tienimi stretto. Bacia e carezza Fida, Demi, Luca (tanto tanto Luca) Anna Mario il piccolo non nato Agnese Giovanni. Sono tanto grato per quello che hanno fatto.
Tutto è inutile, quando non si vuole aprire la porta. Il Papa ha fatto pochino: forse ne avrà scrupolo.  Noretta dolcissima, sono nelle mani di Dio e tue. Prega per me, ricordami soavemente. Carezza i piccoli dolcissimi, tutti. Che Iddio vi aiuti tutti. Un bacio di amore a tutti.
Aldo 
Mariapia Fusco 
 
“Notte dì…racconti” di Mariapia Fusco, ed. BESA (1^ ed. aprile 2022, 2^ed. novembre 2022)
Prefazione della Sen. Valeria Fedeli
Nota critica della Prof.ssa Maura Ianni
Postfazione alla seconda edizione della Prof.ssa Anna Dipace
(Il testo è stato selezionato per partecipare alla rassegna “Libri nel Borgo antico” di Bisceglie, dal 24 al 27 agosto 2023)