Ug Manduria, Gravinese: “Il mio addio? Clima dittatoriale, sono cambiate tante cose in corso”
A due mesi dall’addio è tornato a parlare l’ex direttore sportivo dei biancoverdi e ha raccontato i motivi della rottura con i dirigenti. “La figura del Ds era bypassata in maniera sistematica. E’ subentrata una nuova persona e il clima è cambiato. Procederò per vie legali e in tutte le sede opportune”.
Da metà giugno a Ferragosto, quasi due mesi a Manduria dopo il passaggio di consegne da Vinci a Di Maggio. Antonio Gravinese non è più il direttore sportivo dei biancoverdi, un incarico che da qualche giorno ricopre ufficialmente Piero Mero. Un rapporto che si è logorato nel corso del tempo con una parte della dirigenza, dissidi che poi hanno sancito di fatto l’addio in piena estate.
Il campo continua a dare soddisfazioni, la squadra di Marsili ha collezionato undici punti in nove partite disputate, un bottino importante anche alla luce dei molteplici problemi del mese di luglio. Ma ci sono diversi fattori extra-campo che continuano a far rumore: gli ultimi addii del vicepresidente Giovanni Dinoi e del direttore Gravinese hanno sollevato una serie di dubbi sulla solidità societaria. Abbiamo sentito l’ex direttore sportivo dei messapici che, con pochi filtri, ha raccontato i suoi due mesi a Manduria.
Direttore, l’approccio con la nuova società e le sue aspettative iniziali.
“Mi hanno chiamato il 18 giugno, avevo contatti anche con altre squadre di Eccellenza. Manduria era un buon compromesso dal punto di vista logistico, ho declinato tutto le altre proposte. Da quel giorno è iniziato il mio lavoro, sono stato accolto con soddisfazione dai soci e dal segretario. C’erano un po’ di problemi in ballo: come le liberatorie dei calciatori della stagione precedente, alcuni hanno accettano e altri no, mi preme dire questo. Subito dopo, abbiamo lavorato in funzione della nuova stagione. Nessuno dei calciatori dei paesi limitrofi voleva ascoltare le nostre proposte per i problemi pregressi della vecchia gestione. Nel calcio le voci girano e tutti sapevano che a Manduria c’erano vecchie pendenze con i tesserati”.
I motivi dell’addio a distanza di due mesi. Cosa succede ad agosto con il presidente?
“E’ venuto meno il rapporto di fiducia tra le parti e la figura del direttore sportivo era bypassata in maniera sistematica. E’ subentrata una nuova persona, è cambiato il clima all’interno e siamo entrati in un tunnel dittatoriale che ha portato alla rottura. Sono stato a mandato a casa dopo aver costruito la squadra, ne ho sentite di tutti i colori. In una società di calcio per far star bene i calciatori bisogna rispettare gli accordi e i contratti. Se questo non avviene, vuol dire che mancano basi solide in società. Inoltre, il mio contratto non è stato mai depositato. L’ho scoperto dopo, è rimasto in un cassetto e non è stato mai inviato in federazione. Quando un presidente che non è mai presente nelle decisioni (in generale) mette un’altra persona a gestire senza esperienza, deve sapere a cosa va incontro. Non ci si può improvvisare. Ci sono state delle scene spiacevoli che terrò per me, che hanno toccato direttamente la mia persona in presenza di diversi testimoni. I ragazzi sono preoccupati per una serie di vicende che non riguardano il campo. Sui social non ho mai risposto, tranne in una circostanza, ma il commento è stato prontamente rimosso dalla pagina UG Manduria. Puntualizzo, non sono stato mandato via per divergenze lavorative, come hanno fatto filtrare negli ultimi giorni. C’era una dittatura interna che non prevedeva più la presenza di ruoli specifici.
Facciamo un passo indietro, perché va via Olivieri dopo un giorno? A 24 ore dall’inizio della preparazione estiva.
“Olivieri è stata una mia scelta. Stavamo lavorando sul 433 e cercavamo calciatori funzionali. Il mister ha captato un po’ di confusione interna, anche con la parte istituzionale e così ha deciso di abbandonare la pista Manduria. Ho provato a farlo riflettere ma era convinto di non aver preso il treno giusto. E’ finita a distanza di poche ore”.
Il piano Marsili, diventa la prima scelta dopo che era stato nominato come responsabile del settore giovanile. Quali sono state le difficoltà iniziali?
“L’idea Marsili nasce dall’ex vice presidente Giovanni Dinoi. Ne discutiamo insieme e alla fine decidiamo di affidargli il progetto tecnico, anche perché conosceva già la piazza da calciatore. Abbiamo costruito il gruppo di lavoro, cambiando programma e obiettivi: dal 433 al 352. Ho formato la squadra con gente che conosco personalmente e sono state delle scelte condivise con Marsili. Faccio parte di una rete di scouting, sono stato agente Fifa e ho usato i miei contatti. Ho limato le varie commissioni dei procuratori, per non gravare troppo sulle spese societarie. Trovati i calciatori, a un certo punto mancavano gli alloggi. Le difficoltà sono state molteplici. Da Oria, accompagnavo i ragazzi tutti i giorni direzione stadio e così al ritorno. Ho lavorato sempre in funzione del Manduria. Quasi tutti i ragazzi sono operazioni condotte da me”.
Direttore, con il suo approdo a Manduria, tante voci le attribuivano il fallimento dell’Ostuni della stagione precedente. Può aiutarci a fare chiarezza?
“Non bisogna accusare la gente senza conoscere i fatti. E’ necessario tornare indietro di un anno con la vecchia gestione, la vicenda nasce da un tesserato che non aveva firmato la liberatoria. Si trattava di un ragazzo argentino che aveva attivato tutto l’iter burocratico con la Fifa e la LND perché non aveva ricevuto i compensi. Io sono subentrato in una situazione che già era compromessa, ho ereditato questa situazione. Una volta saldato il compenso al calciatore, quando siamo andati a tesserare i giocatori a dicembre, scopriamo che il ragazzo era stato pagato in ritardo e ci hanno bloccato il mercato. Da lì è saltato il banco e il presidente ha deciso di chiudere battenti e ritirare la squadra, non presentandosi alle gare ufficiali. E’ importante conoscere i fatti per evitare di infangare la reputazione di una persona”.
Mario Lorenzo Passiatore