Torre Guaceto: stop acque reflue nella riserva

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Le acque reflue prodotte dal depuratore consortile di Carovigno non finiranno più nella Riserva di Torre Guaceto ma saranno riutilizzate in agricoltura.

Il progetto “Utilizzo dei reflui affinanti provenienti dal depuratore consortile di Carovigno nel comparto agricolo della Riserva Naturale dello Stato di Torre Guaceto” è stato presentato oggi presso la sede dell’assessorato della Regione Puglia ai Trasporti e Lavori Pubblici.
L’assessore ai Trasporti e Lavori Pubblici, Giovanni Giannini, il presidente del Consorzio di Gestione di Torre Guaceto, Vincenzo Epifani ed il vice presidente Nicolò Carnimeo hanno illustrato nel dettaglio il piano ideato dall’Ente gestore e finanziato per 6 milioni e mezzo di euro dalla Regione.
Si tratta di un piano articolato che farà la differenza per l’Area Marina Protetta di Torre Guaceto ed i suoi produttori. Con l’attuazione di questo progetto si realizzeranno le opere necessarie al riuso della risorsa idrica dello scarico dell’impianto di depurazione consortile di Carovigno all’interno del comprensorio irriguo della suddetta Riserva Naturale.
A oggi, i reflui depurati in tabella IV hanno come corpo recettore finale il canale reale, ma con l’attivazione del sistema delle trincee disperdenti che entrerà in funzione nel brevissimo periodo parte di questi reflui depurati verranno dispersi nella falda superficiale; con l’entrata in funzione della condotta sottomarina, per la conclusione della quale sono attualmente in corso i lavori, gli stessi verranno immessi all’esterno dell’Area Marina Protetta ad una profondità di 50 metri. Le opere previste all’interno del progetto presentato oggi integreranno tale sistema permettendo nel periodo primaverile ed estivo di raggiungere l’obbiettivo “scarico zero in mare”.
Attualmente le aree coltivate all’interno della Riserva di Torre Guaceto misurano circa 850 ettari; circa il 50 percento della superficie complessiva della Riserva è occupata da seminativi, i quali, insieme all’oliveto secolare, costituiscono l’elemento rappresentativo del paesaggio agrario a monte della strada statale 379. Mentre, le rotazioni colturali, negli anni, vedono l’avvicendarsi di ortaggi, cereali e leguminose.
Il volume potenzialmente disponibile dell’impianto per il riuso dei reflui affinati durante la stagione irrigua è di circa 4.015.600 metri cubi, quindi non solo soddisfa la domanda irrigua pari a 2.471.500 metri cubi, ma la supera di gran lunga.
Nell’ambito di questo progetto sarà realizzata un’adduzione alle reti irrigue esistenti che verrà alimentata mediante un bacino di accumulo e un impianto di sollevamento. E le aziende agricole operanti all’interno della Riserva che occupano oltre 650 ettari della stessa, che oggi si approvvigionano dalla falda, hanno già manifestato l’interesse al riuso della risorsa.

Il reimpiego della risorsa idrica affinata produce un duplice beneficio ambientale legato in primis al non scarico dei reflui trattati all’interno dell’Area Marina Protetta di Torre Guaceto, in seconda istanza alla limitazione dello stress della falda acquifera. Ad oggi sono ben 22 i pozzi attivi nell’Area della Riserva che, con la realizzazione degli interventi in progetto, verrebbero impiegati solo per eventuali irrigazioni di soccorso. Questo dato assume un’importanza significativa perché con la realizzazione delle opere in progetto, è possibile abbattere drasticamente la quantità d’acqua emunta dalla falda, con indubbio beneficio ambientale per la salvaguardia del corpo idrico sotterraneo oggi fortemente compromesso.

Il progetto prevede anche l’ampliamento dello specchio d’acqua naturale presente all’interno della Riserva Naturale di Torre Guaceto in corrispondenza della foce del Canale Reale, che raggiungerà una superfice pari al doppio di quella attuale, e migliorerà lo stato di conservazione ecologica attraverso l’immissione di acqua affinata con l’obbiettivo di aumentarne la superficie inondata di acqua dolce o debolmente salata all’interno della zona umida della Riserva. Ciò consentirà, quindi, il ripristino di condizioni ambientali presumibilmente simili a quelle precedenti alla bonifica dell’area (avvenuta negli anni ’30), al fine di creare un sito maggiormente attrattivo per l’avifauna migratrice, aumentare la consistenza dei popolamenti di flora e fauna dulcacquicola, aumentare la diversità specifica e a scala di paesaggio della zona umida, e creare un’interruzione della continuità del combustibile nella zona umida, riducendo così la pericolosità di potenziali incendi.

“Oggi sanciamo la chiusura della filiera per una gestione integrata dei reflui provenienti dal depuratore di Carovigno – ha dichiarato il presidente del Consorzio di Gestione della Riserva di Torre Guaceto, Vincenzo Epifani -, Abbiamo lavorato tanto, prima per scongiurarne lo sversamento nella nostra Area Marina Protetta, poi per bloccarne gli effetti potenzialmente dannosi. Abbiamo fatto di necessità virtù, ideando questo progetto che ci permetterà di fare di una problematica, un’enorme risorsa. Grazie alla realizzazione di questo piano offriremo un’importate opportunità ai nostri agricoltori e al nostro territorio. Essendo carichi di azoto, l’uso di questi reflui comporterà grossi vantaggi per gli operatori del settore che non avranno più la necessità di apportare concimi azotati alle colture e, quindi, potranno smettere di attingere ai propri pozzi per il fornimento dell’acqua, buona pratica che permetterà di eliminare il problema inerente l’aumento del cuneo salino della falda. Ma non solo, così le aziende agricole potranno contare su un notevole risparmio economico. E per questo grande risultato – ha concluso Epifani -, dobbiamo ringraziare l’Amministrazione della Regione Puglia e nel particolare l’assessore ai Trasporti e Lavori Pubblici, Giovanni Giannini per aver creduto nel nostro progetto ed aver deciso di finanziarlo nella sua integrità”.

“Torre Guaceto diventa ancora una volta palestra di sostenibilità – ha dichiarato il vice presidente del Consorzio e delegato regionale del WWF, Nicolò Carnimeo -, e non solo riesce a reagire e porre le basi per la risoluzione della triste vicenda degli scarichi nella zona A della riserva integrale, ma grazie ad una sua specifica progettualità diventa un esempio da seguire a livello regionale e nazionale. Non più scarichi, ma riutilizzo delle acque in agricoltura, quella che per anni è sembrata solo una chimera può oggi diventare realtà, portando benefici alla tutela dell’ambiente e del mare e notevole risparmio e rilancio delle attività agricole.”

“Questo progetto è coerente con il Piano di tutela delle acque e porta con sé molti risvolti positivi– ha spiegato l’assessore Giannini -, Tra questi un notevole risparmio di consumo di acqua potabile, che in Puglia viene attualmente importata dalla regioni limitrofe. Permette la chiusura dei pozzi e quindi di combattere la desertificazione in atto e la salinizzazione della falda. L’utilizzo dei reflui affinati consentirà una produzione qualitativamente migliore e più florida. Infine, metterà gli agricoltori nelle condizioni di risparmiare notevolmente sulla spesa irrigua e di non utilizzare fertilizzanti”.

L’assessore alle Infrastrutture, Giovanni Giannini, ha inoltre presentato gli altri interventi ammessi a finanziamento degli impianti per il riutilizzo delle acque reflue depurate. Si tratta di infrastrutture dedicate a trattare e stoccare, per poi redistruibuire – soprattutto a fini agricoli – le acque provenienti dai depuratori, che prima finivano a mare o nel sottosuolo. La prima tranche riguarda 20,6 milioni di euro per i siti di Carovigno-Torre Guaceto (Br), San Pancrazio Salentino (Br), Acquaviva (Ba), Cassano (Ba), Fasano (Br), Sammichele (Ba), Gioia (Ba), Barletta (Bt), Castellaneta (Ta) e Castellana (Ba). Il costo dell’acqua poi passa da circa 70 centesimi al metro cubo a 35 centesimi. L’acqua stoccata infine potrà essere usata anche per il lavaggio delle strade, l’innaffiatura dei giardini urbani o il raffreddamento di impianti industriali. “E’ un progetto – spiega Giannini – che è partito da qualche termpo. Abbiamo già materialmente realizzato due impianti, uno a Acquaviva e uno a Castellana, adesso finanziamo questi altri dieci ma abbiamo una graduatoria di 72 ammessi con riserva perché allo stato sono esaurite le risorse disponibili e contiamo di metterne a disposizione delle altre sia con i Fesr che con altre fonti di finanziamento. Ci sono benefici per la ricarica della falda, l’arresto del processo di salinizzazione e di desertificazione, incremento della produttività con l’azoto presente nei reflui affinati che fungono da fertilizzanti. Poi i benefici sul piano finanziario: risparmio per energia elettrica di 10 euro l’ora, circa mezzo milione di euro per un comprensorio come quello di Acquaviva. Una regione povera di acque come la nostra non poteva non impegnarsi in progetti di questa natura. Così i rifiuti diventano davvero risorsa”.

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