Taranto: crolla parte dell’antico acquedotto del Triglio

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L’arcata centrale dell’antico acquedotto del Triglio che costeggia la strada provinciale Taranto-Statte è crollata. La struttura è adiacente al perimetro dello stabilimento Ilva. Sul posto Carabinieri e Vigili del Fuoco. La strada è transitabile su una corsia, ma la circolazione ha subito forti rallentamenti. E’ possibile che ad influire sul cedimento sia stato il maltempo di questi giorni. L’acquedotto che risale al 123 avanti Cristo, è composto per circa otto chilometri da gallerie sotterranee che convogliavano l’acqua raccolta da numerose sorgenti per farla tambureggiare sugli archi a tutto sesto della parte emersa verso Taranto. E’ una delle più imponenti opere di ingegneria idraulica di epoca romana presente nel territorio tarantino, tanto da percorrere il territorio di tre comuni (Statte, Crispiano e Taranto). Una parte della struttura negli anni scorsi era stata restaurata. Gli archi attuali sono un rifacimento di quelli originali; l’ultima ricostruzione si deve ad un progetto dell’ingegnere tarantino Marco Orlando alla fine dell’Ottocento.

“Si tratta di un danno rilevante”, osserva in una nota il sindaco di Statte, Franco Andrioli. L’effetto combinato tra il maltempo di questi giorni e lo stato generale dell’acquedotto potrebbero aver causato il crollo parziale anche se accertamenti specifici devono ancora essere compiuti. “La parte crollata – precisa il sindaco Andrioli – non riguarda la competenza del Comune di Statte ma solo quella di Taranto. Tutta la parte ad archi dell’acquedotto romano ricade nel territorio di Taranto, la competenza territoriale di Statte viene molto dopo”.
Il sindaco ritiene che “la questione della manutenzione dell’acquedotto del Triglio debba essere portata subito all’attenzione della Soprintendenza ai monumenti, della Provincia di Taranto e della Regione Puglia, visto che quest’ultima ha competenza sui beni culturali”.
“Oltre al ripristino della parte crollata, -prosegue – è venuto il momento di pensare ad un progetto di tutela e di cura dell’acquedotto romano. Penso ad una copertura che lo protegga efficacemente non solo dalle avversità meteo ma anche dall’inquinamento e dalle polveri minerali del vicinissimo stabilimento Ilva. Oggi se osserviamo le arcate dell’acquedotto, notiamo subito che sono tutte di colore rosso ruggine. Il colore tipico delle polveri minerali. Quello che è tutto deposito proveniente da Ilva. Ecco perché bisogna studiare e predisporre una migliore protezione perché le arcate dell’acquedotto sono di colore chiaro, non certo del colore in cui purtroppo sono oggi”.
Foto Mino Lore