Riduzione in schiavitù e maltrattamenti in famiglia: arrestato cittadino bulgaro

Condividi

Ha ridotto in schiavitù un suo connazionale e maltrattato moglie e figli: è un 34 enne cittadino bulgaro destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere eseguita dagli agenti della Squadra mobile di Taranto. Al termine di indagini dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Taranto (P.M. dr.ssa Marzia CASTIGLIA – G.I.P. dr.ssa Vilma GILLI) l’uomo è stato accusato dei reati di riduzione in schiavitù e lesioni personali di un suo concittadino e maltrattamenti in famiglia ai danni della moglie e dei figli.
Gli agenti hanno accertato che il 34 enne ha ridotto e mantenuto il suo connazionale in uno stato di soggezione continuativa, privandolo di qualsivoglia capacità di autodeterminazione ed approfittando della sua condizione di vulnerabilità ed inferiorità fisica e psichica dettata anche dal fatto che non parlava italiano, era senza documenti identificativi, senza denaro o di strumenti di comunicazione.
L’indagine condotta dalla Squadra Mobile è scattata dopo la denuncia di scomparsa che la madre del giovane aveva inoltrato alla polizia bulgara. La segnalazione faceva riferimento ad un illecito traffico di
migranti in cui il nominato poteva essere vittima. Si specificava, inoltre, che lo stesso poteva trovarsi nella città di Palagiano alloggiando presso la casa di un altro suo connazionale. La nota riportava ancora i sospetti della madre circa la circostanza che il figlio fosse maltrattato fisicamente e fosse limitato nell’utilizzo del telefono cellulare, avendo peraltro interrotto ogni comunicazione da alcuni mesi.
Dall’esame delle banche dati in uso alle Forze di Polizia, il cittadino bulgaro in questione è risultato residente in Palagiano e che nella stessa abitazione alloggiava un altro suo connazionale, oggi destinatario della misura cautelare.
Sulla scorta di questi accertamenti, nell’ottobre del 2018, gli agenti della Squadra Mobile, recatisi presso l’abitazione, hanno scorto, seduto sul bordo del camino, un giovane, riconosciuto
proprio per cittadino bulgaro da rintracciare e, seduti a tavola, una famiglia straniera.
Il capofamiglia è stato identificato per l’altro cittadino bulgaro che risiede presso l’abitazione insieme alla moglie ed ai suoi tre figli minori. Lo stesso ha riferito che il suo connazionale presente era suo ospite da alcuni mesi e che collaborava con lui nei lavori saltuari in campagna alle dipendenze di proprietari
terrieri locali.
Notando l’inquietudine ed il senso di sottomissione e volendo meglio chiarire la situazione, il cittadino bulgaro è stato accompagnato in Questura dove, sin da subito, e seppur in uno stentato italiano, ha riferito agli agenti di non voler più tornare a casa del suo connazionale e di voler fare rientro in patria.
Per dare fondatezza alle sue dichiarazioni, il bulgaro ha mostrato i numerosi segni di ferite da taglio, anche molto recenti, che aveva su tutta la schiena e le spalle, asserendo che gli erano state procurate dal suo connazionale per punizioni inflitte sul luogo di lavoro.
Così, dopo essere stato sottoposto a visita medica presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale SS. Annunziata, tramite un interprete, l’uomo ha raccontato di essere arrivato in Italia circa due anni fa e, dopo un periodo di lavoro presso un’altra famiglia come babysitter, sei mesi fa ha cominciato a svolgere lo stesso lavoro presso l’attuale famiglia, offrendo anche aiuto in campagna.
In un primo tempo, il bulgaro ha dormito su un divano letto in cucina, che dopo qualche mese è stato infestato dai pidocchi e gettato via. Da quel momento, ha dormito sdraiato sul pavimento, senza cuscino, avvolto da un leggero piumino.
Oltre a non aver mai ricevuto denaro, ogni mattina accompagnava il suo carnefice a lavoro nelle campagne della zona di Palagiano per circa sette ore.
In queste occasioni, il bulgaro, per spronare la sua vittima a lavorare più velocemente, lo punzecchiava dietro la schiena e sui fianchi con la forbice usata per tagliare l’uva, provocando delle ferite con fuoriuscita di sangue.
Anche durante il tragitto, veniva preso a schiaffi sulla nuca. In casa, veniva colpito con un grosso coltello provocando dei tagli sulla spalla e sulle braccia.
La sua alimentazione era costituita esclusivamente da riso o pasta in bianco o, a volte, da soli biscotti, a fronte delle pietanze a base di carne o pesce che mangiava il resto della famiglia.
L’ultima volta che ha parlato con la madre in Bulgaria è stato il giorno del suo compleanno perché qualche giorno dopo ha manifestato la ferma volontà di tornare nel suo Paese di origine.
Il carnefice lo ha così picchiato, sottraendogli sia il telefono cellulare, rompendo in due la scheda, sia tutti i suoi documenti (carta d’identità italiana e bulgara, carta di credito bulgara, codice fiscale e postepay europea).
Il bulgaro ha, inoltre, riferito, che la moglie, spesso presente a questi atti di violenza nei suoi confronti, nel tentativo di difenderlo, veniva picchiata con violenza, anche di fornite ai
figli.
Anzi, in un’occasione per sfogare il suo nervosismo e la sua rabbia, ha sbattuto per terra la testa della figlia di due anni, afferrandola per e caviglie e rivoltandola a testa in giù.
Eseguiti gli accertamenti su quanto dichiarato dalla vittima per il “padre – padrone” si son aperte le porte del carcere per l’elevato livello di spregiudicatezza e di aggressività dimostrato dall’uomo, “che – secondo gli inquirenti – va isolato dall’ambiente familiare e da contatti con altre possibili persone deboli, contravvenendo alle più banali norme di accoglienza e di convivenza civile e familiare”.