Quando il silenzio diventa dissenso…Le considerazioni dell’Ing. Agostino Capogrosso
L’approssimarsi di diversi appuntamenti elettorali, ci portano a riflettere sul senso del voto in un contesto politico che appare sempre più distante e inefficace. Sento l’eco di chi invoca il diritto-dovere di andare alle urne, ma la verità è che per tanti, questa retorica suona ormai vuota.
Siamo davvero sicuri che il nostro voto abbia ancora il potere di incidere, di farci sentire parte di una decisione che conta?
La disillusione è palpabile. Anno dopo anno, elezione dopo elezione, referendum dopo referendum, l’impressione è che le cose cambino poco, o che i cambiamenti avvengano su binari che prescindono dalla volontà popolare espressa nelle urne. E così, per molti, la non partecipazione al voto non è più apatia, ma una scelta consapevole, un modo per manifestare un profondo disappunto verso un sistema che non riesce più a rappresentare le reali esigenze dei cittadini. È un grido silenzioso, ma potente, contro la sensazione di impotenza che ci pervade.
Taranto: un esempio vicino di disincanto!
La Provincia di Taranto ha eletto il suo Presidente. L’analisi politica che emerge è singolare: un aumento dei consensi per il partito che lo appoggiava, ma solo tra i consiglieri comunali chiamati al voto! Questo risultato, sebbene legittimo secondo le attuali regole, solleva un interrogativo cruciale: quanto rispecchia il reale sentire dei cittadini? Queste anomalie del sistema elettorale generano sempre più distorsioni, allontanando la politica dalla sua base!
Le mie considerazioni sul voto trovano un’ulteriore conferma nell’imminente appuntamento nel nostro capoluogo di provincia, dove nei prossimi giorni, si voterà per le amministrative. Anche qui, la sensazione è che il cittadino sia ai margini del processo decisionale. Si parla di problemi atavici, di promesse mancate, di un futuro che stenta a decollare, e in questo scenario, l’invito al voto suona come un’ennesima richiesta di legittimazione senza una reale contropartita in termini di ascolto e di cambiamento!
Referendum: uno strumento adeguato per questioni complesse?
Venendo agli imminenti referendum invece, la mia perplessità si acuisce ulteriormente. La materia del lavoro, che questi referendum mirano a modificare, è di una tale complessità da richiedere un approccio ben più strutturato e organico. Parliamo di un tessuto normativo che necessita di analisi approfondite, di un confronto tra esperti, di una visione d’insieme che solo un iter legislativo completo e ponderato può garantire.
L’idea di affrontare temi così tecnici e delicati attraverso abrogazioni parziali mi sembra, francamente, inadeguata e potenzialmente dannosa. Il rischio è quello di creare più problemi di quanti se ne risolvano, di generare incertezze e di non incidere realmente sulle radici delle problematiche.
E poi c’è la sicurezza sul lavoro. Già, proprio quella. Il referendum non è solo inadeguato, ma un affronto alla serietà che un argomento così cruciale merita!
È davvero un diritto-dovere quindi, o piuttosto una trappola?
E allora, torniamo alla domanda iniziale: il voto oggi, ci dà davvero la possibilità di decidere qualcosa? O è diventato un rito, una formalità che serve a legittimare processi decisionali che avvengono altrove? Finché non si recupererà la fiducia in una rappresentanza politica capace di ascoltare e di agire nell’interesse collettivo, finché non si comprenderà che la partecipazione non si esaurisce nel mero atto di votare, ma necessita di strumenti più efficaci e di una reale incisività, la disillusione continuerà a crescere, rendendo sempre più lontana la piena attuazione di quel principio fondamentale che, nell’articolo 1 della Costituzione, affida la sovranità al popolo.
Finché il Voto non sarà ascolto, la disillusione sarà silenzio… un silenzio parlante ed eloquente!
Riflessione dell’Ing. Agostino Capogrosso già Consigliere Comunale di Manduria