Processo Vantaggiato: chiesto l’ergastolo per la strage di Brindisi

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Brindisi – A quasi un anno dall’attentato compiuto davanti all’Istituto Morvillo-Falcone di Brindisi, in cui perse la vita la sedicenne Melissa Bassi ed altre nove studentesse rimasero ferite, il procuratore capo della Dda di Lecce Cataldo Motta ha chiesto il massimo della pena per l’imprenditore di Copertino Giovanni Vantaggiato, 69 anni, reo confesso, accusato della strage aggravata da finalità terroristica del 19 maggio del 2012, del tentato omicidio del 24 febbraio 2008 e di costruzione, detenzione ed esplosione di ordigno micidiale.
Motta ha chiesto alla Corte di riconoscere la responsabilità di Vantaggiato per tutti i reati contestati, l’isolamento diurno per tre anni e la confisca di tutti i beni già sottoposti a sequestro.

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Nel corso della requisitoria, il pm Guglielmo Cataldi ha ricordato, con commozione, quella mattina “baciata da un tiepido sole di maggio” ed i momenti concitati e drammatici successivi alla tremenda esplosione, così come sono stati raccontati dalle ragazze ferite nelle loro deposizioni in aula. Particolarmente toccante il momento in cui ha ricordato che Selena Greco cercò di tranquillizzare in ambulanza Melissa ancora viva.
Il pm ha poi sottolineato che l’ordigno azionato con un telecomando a distanza era idoneo a provocare una strage data la sua enorme potenza (due bombole da 15 e una da 10 chilogrammi riempite da nitrato di sodio, carbone e zolfo posizionate in cassonetto della raccolta differenziata). Constatazione che implica con sicurezza la volontà dell’imputato di cagionare la morte di un numero indeterminato di persone. “E’ sicuramente una strage” – ha affermato Cataldi – “ perché c’è’ una diffusività dell’azione criminale”.
Come dimostrano le cinque calotte trovate nella sua campagna di Copertino, Vantaggiato fece ben cinque prove prima dell’attentato del 19 maggio. “Ed una prova – ha detto il pm nella requisitoria – l’aveva realizzata sostanzialmente anche il 24 febbraio del 2008 in occasione del precedente attentato, quello ai danni di Cosimo Parato che rimase gravemente ferito a causa di un ordigno posizionato in quella occasione su una bicicletta.
Giovanni Vantaggiato collocò da solo la bomba dinanzi alla scuola Morvillo-Falcone e voleva solo uccidere – ha sostenuto Cataldi – non importava chi fosse la vittima. Lo dimostrano le immagini in cui si vede l’imputato, con un atteggiamento agghiacciante, aspettare che la zona si riempisse di persone.
Davanti alla Corte d’Assise del Tribunale di Brindisi presieduta da Domenico Cucchiara, il pm Cataldi ha detto che non ci sono giustificazioni per un gesto così grave e che i problemi economici di Vantaggiato sono inesistenti: l’imprenditore era in buone condizioni economiche, non era un povero disgraziato.
Secondo il pm l’imputato ha potuto vedere la scena del delitto nel momento in cui spingeva il bottone del telecomando sia la prima che la seconda volta. Anzi, si è assicurato che l’ordigno fosse esploso.
Il procuratore capo della Dda di Lecce, Cataldo Motta, nel suo intervento ha affermato che Vantaggiato aveva predisposto un altro attentato. Infatti, subito dopo il suo fermo, in campagna furono trovati due ordigni esplosivi: uno fu disinnescato dagli artificieri che invece furono costretti a far brillare l’altro.
La volontà di uccidere dell’imputato è , per Cataldo Motta, dimostrata da almeno quattro elementi oggettivi, confermati anche dalle sue dichiarazioni: ha scelto consapevolmente di realizzare l’attentato di giorno e non di notte quando non c’era nessuno; quando ha premuto il telecomando per la seconda volta aveva la completa visione della zona ed era ben certo della presenza delle ragazze vicino al bidone; rispondendo alle domande degli inquirenti, ha detto che “tutto era andato come doveva andare”; ha disponibilità e confidenza con gli ordigni esplosivi.
Per il procuratore capo, l’attentato davanti alla scuola ‘Morvillo-Falcone’ fu “un atto terroristico”, perché ottenne l’effetto di “intimidire gravemente la popolazione e il Paese” ed era teso ” a costringere le autorità a compiere o astenersi dal compiere determinati atti” come intervenire per cambiare leggi e provvedimenti.
All’udienza di oggi, oltre ai genitori di Melissa, Massimo e Rita Bassi, in aula, tra il pubblico erano presenti anche cinque delle studentesse ferite, Sabrina Ribezzi, Azzurra Camarda, Selena Greco, Vanessa e Veronica Capodieci, che indossavano magliette bianche con la foto della loro compagna di scuola e il loro rispettivo nome stampato sulla parte posteriore con la frase: “Lo sapeva il destino che noi siamo più forti di lui. Non dimentichiamo. Giustizia.”
Il dibattimento è stato aggiornato al 23 maggio prossimo per le arringhe.