Per dimagrire serve “buon” cibo, non solo calcolo delle calorie

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Per dimagrire serve soprattutto scegliere “buon” cibo, non soltanto fare la conta delle calorie i risultati di uno studio di Università del Salento, Sapienza di Roma e Camerino.

Per dimagrire è importante soprattutto prestare attenzione alla qualità del cibo scelto e al bilanciamento dei macronutrienti fondamentali (zucchero, proteine e grassi). Mangiare cibo “spazzatura”, pur assumendo meno calorie di quelle necessarie con l’obiettivo immediato di perdere peso, comporta alterazioni metaboliche e danni a lungo termine. Lo dimostra uno studio pubblicato nei giorni scorsi sulla rivista scientifica internazionale “The FASEB Journal” e condotto da tre gruppi di ricerca italiani, coordinati dalla professoressa Anna Maria Giudetti dell’Università del Salento, dalla professoressa Silvana Gaetani dell’Università Sapienza di Roma e dal professor Carlo Cifani dell’Università di Camerino.

«Che il deficit energetico aiuti a eliminare le riserve accumulate e a farci perdere il peso in eccesso è il mantra di tutte le diete, soprattutto di quelle fai-da-te.» – sottolinea Anna Maria Giudetti, docente di Biochimica presso il Dipartimento UniSalento di Scienze e tecnologie biologiche e ambientali – «Ma non basta non superare un certo numero di calorie al giorno per garantirsi una condizione di salute e normopeso. Per esempio compensare un’abbuffata di cibo “spazzatura” saltando i pasti successivi, oppure “restringere” il consumo alimentare di questo tipo di cibo a poche ore nella giornata, in modo da ridurre l’apporto calorico totale, sono strategie molto comuni persino in quella fetta di popolazione più attenta al benessere psicofisico. Il nostro studio ha verificato che gli effetti metabolici di queste scelte sono sovrapponibili a quelli indotti da un consumo più esteso del cibo “non salutare”: tale tipo di alimentazione può causare aumento della glicemia, riduzione di colesterolo HDL (il cosiddetto “colesterolo buono”) e fegato grasso, tutte alterazioni in grado di compromettere lo stato di salute anche a lungo termine. Raccomandiamo, in conclusione, un’attenta valutazione della qualità degli alimenti consumati. Per la formulazione di un piano nutrizionale per la perdita di peso, è necessario considerare non solo il risultato macroscopico sul peso corporeo, ma anche i cambiamenti di parametri metabolici importanti per evitare lo sviluppo di disturbi a lungo termine».

Questo il testo tradotto automaticamente della pubblicazione integrale (in lingua inglese) consultabile su https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32463138/

“Numerosi approcci nutrizionali volti a ridurre il peso corporeo sono stati sviluppati come strategia per ridurre l’obesità. La maggior parte di questi interventi si basa sulla riduzione dell’apporto calorico o sulla limitazione dell’accesso alle calorie a poche ore al giorno. In questo lavoro, abbiamo analizzato gli effetti dell’accesso prolungato (24 ore al giorno) o limitato (1 ora / giorno) a una dieta in stile caffetteria (CAF), sul peso corporeo del ratto e sul metabolismo lipidico epatico, rispetto al controllo dei ratti (CTR) alimentato con una dieta standard. L’aumento di peso corporeo dei ratti nutriti con restrizioni non era diverso dal CTR, nonostante l’apporto calorico totale leggermente più alto, ma è risultato significativamente inferiore rispetto ai ratti nutriti estensivamente, che ha mostrato un’obesità indotta dalla dieta CAF e un apporto calorico totale drammaticamente più elevato. Tuttavia, entrambi i gruppi di ratti nutriti con CAF hanno mostrato, rispetto al CTR, siero malsano e parametri epatici come un più alto livello di glucosio nel siero, valori di HDL più bassi e aumento del triacilglicerolo epatico e quantità di colesterolo. L’espressione e l’attività epatica degli enzimi chiave della sintesi degli acidi grassi, l’acetil-CoA carbossilasi (ACC) e l’acido grasso sintasi (FAS), sono state analogamente ridotte in entrambi i gruppi di ratti nutriti con CAF rispetto al CTR. Comunque, mentre nei ratti nutriti estesi questa riduzione era associata a un meccanismo a lungo termine che coinvolge la proteina-1 legante gli elementi regolatori dello sterolo (SREBP-1), negli animali ad alimentazione limitata si è verificato un meccanismo a breve termine basato sull’attivazione di PKA e AMPK nel fegato. Inoltre, l’ossidazione degli acidi grassi epatici (FAO) e lo stress ossidativo sono risultati significativamente aumentati nei ratti prolungati, ma non nei ratti alimentati con restrizioni, rispetto al CTR.