Operazione “FEUDO”. Sgominato clan Cesario: 38 arresti

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Trentotto persone sono state arrestate nelle prime ore di questa mattina nel capoluogo jonico e nei comuni di Statte e Massafra.

Le ordinanze di custodia cautelare (30 in carcere ed 8 ai domiciliari), disposte dal G.I.P. del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica presso la Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce, sono state eseguite con l’impiego di 280 militari della Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Taranto, e del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce.
Eseguiti inoltre perquisizioni personali e locali e sequestri patrimoniali nelle città di Statte, Massafra e nella città vecchia e nei quartieri dei Tamburi e Paolo VI di Taranto.
L’operazione è stata denominata “FEUDO”, in quanto le indagini hanno evidenziato come il territorio di Statte fosse stato assimilato ad un vero e proprio feudo dell’agguerrito gruppo criminale del boss Giuseppe Cesario, alias Pelè.

Le indagini, durate tre anni, sono state avviate in seguito al ritrovamento nello studio contabile di un professionista, di una copiosa documentazione attestante una elevata esposizione debitoria verso una persona che gli aveva concesso dei finanziamenti ad un tasso di interesse usurario che oscillava dal 37% al 306% annuo.
Dagli approfondimenti è emerso che quel caso di usura era solo uno dei tanti messi in atto da un pericoloso gruppo criminale.
E’ stata accertata quindi, grazie ad intercettazioni telefoniche ed ambientali, l’esistenza dell’associazione mafiosa, ne sono stati individuati i componenti e svelate le attività illecite, portando alla luce l’esistenza di un consolidato accordo tra il clan mafioso operante a Statte e l’imponente sodalizio mafioso operante a Taranto retto dal noto boss Giuseppe Cesario, deceduto nel marzo 2014. Il sodalizio aveva già stretto solidi rapporti di collaborazione con altre storiche frange della criminalità organizzata tarantina, quali quelle
riconducibili ai noti boss Orlando D’Oronzo e Nicola De Vitis.
Il 16 novembre 2013 C.B., dominus in Statte, era stato formalmente “gradato” dal Cesario, secondo le ritualità proprie delle organizzazioni ‘ndranghetiste cui la criminalità organizzata tarantina si è rifatta nel tempo, mediante l’attribuzione della dote di “santa”.

operazione Feudo

L’articolato sodalizio mafioso era finalizzato alla commissione di una serie indeterminata di delitti, concernenti non solo il traffico organizzato di stupefacenti (attività dalla quale il sodalizio ricavava ingenti proventi anche grazie alla stabile collaborazione con esponenti del clan ‘ndranghetista Bonavota di Sant’Onofrio), ma anche l’ usura ed l’estorsione, l’uso di armi, non disdegnando il ricorso alla violenza ed alla minaccia allo scopo di realizzare profitti e vantaggi ingiusti, e il traffico organizzato di sigarette di contrabbando per almeno kg. 230, consumato in frode nell’anno 2013.
Quell’anno, in tre distinte interventi operati sulla S.S. 106 jonica e sulla S.S. 7 nei pressi di Taranto, sono stati sequestrati complessivamente oltre due chilogrammi di cocaina, una pistola “Smith & Wesson” con matricola abrasa ed una mitraglietta “Sites Spectre”, classificata come arma da guerra, con l’arresto di tre responsabili.
Affiliato al clan era un noto imprenditore tarantino, E.G., incensurato, con il compito di sovrintendere alla agli investimenti in attività economiche apparentemente lecite, frutto del reimpiego dei proventi realizzati dall’organizzazione criminale.
Così, le indagini hanno fatto luce su importanti investimenti nei più disparati settori dell’economia legale, che il sodalizio realizzava con la gestione, spesso per interposta persona, di redditizie attività di impresa, quali la gestione di una pizzeria, un’agenzia di pompe funebri, un esercizio di vendita all’ingrosso di prodotti ortofrutticoli, la gestione di una società di giochi e scommesse ed una ditta individuale operante nella vendita di profumi, detersivi e sapone.
E’ emerso come i vertici del sodalizio non abbiano disdegnato il ricorso a gravi episodi intimidatori, con armi
ed esplosivi, allo scopo di scoraggiare qualsivoglia forma di collaborazione con le pubbliche autorità che potesse disturbare l’associazione che era riuscita ad istaurare un costante clima di assoggettamento ed omertà sulla popolazione.
I vertici dell’associazione erano alla costante ricerca del “consenso sociale” e, per questo, provvedevano ad organizzare eventi a favore della collettività, assicurando posti di lavoro ed intervenendo a dirimere le controversie tra privati, di fatto sostituendosi alle istituzioni pubbliche.
Le indagini hanno rilevato pure le dinamiche all’interno del sodalizio, sintomatiche della mafiosità dello stesso, quali sono, senza dubbio, i constatati principi di mutualità tra gli associati, che si sono tradotti nel
riconoscimento di un sostegno economico ai consociati finiti nella rete della giusrizia.
Per loro il clan pagava le spese concernenti la tutela legale, ed attribuiva un quantum necessario al sostentamento del nucleo familiare dei sodali stessi.
OLtre ad eseguire gli arresti, le Fiamme Gialle hanno eseguito il sequestro preventivo di 5 compendi aziendali (pizzeria, impresa funebre, commercio all’ingrosso di frutta e verdura, agenzia di giochi e scommesse, commercio di detersivi, sapone, profumi e cosmetici) oltre a una villa completamente abusiva, 3 unità immobiliari, 5 autovetture
e 3 ciclomotori.