Omicidio Reale: individuati ed arrestati gli autori

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Individuati ed arrestati i responsabili dell’omicidio di Mario Reale, ucciso a colpi di pistola il 25 maggio del 2016 nel quartiere Tamburi a Taranto.

Sette le persone raggiunte questa mattina da un’ordinanza di custodia cautelare disposta dal Giudice per le Indagini Preliminari, Dr. Martino Rosati, su richiesta del Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica di Taranto D.ssa Giorgia Villa, titolare del fascicolo.
I destinatari dei provvedimenti, tutti tarantini, sono gravemente indiziati, a vario titolo e separatamente, di omicidio, lesioni, detenzione e porto in luogo pubblico di armi da sparo ed esplosivo, danneggiamento, ricettazione, sequestro di persona e detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti.
Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile della Polizia di Stato (Sezione Criminalità Organizzata), sono state avviate subito dopo il grave fatto di sangue avvenuto quella sera di due anni fa quando, intorno alle 20.00, due persone, entrambe armate di pistola e col volto coperto da passamontagna, entrarono nel negozio di detersivi e di prodotti per l’igiene della persona “Bolle di sapone” gestito dalla convivente, ed esplosero contro la vittima, con due armi diverse (una calibro 7,65 ed una calibro 9), undici colpi, alcuni dei quali l’attinsero al torace, provocandone la morte. Gli assassini poi fuggirono a bordo di una Ford C-Max di colore grigio.
Le testimonianze del figlio della vittima, anche lui rimasto ferito dai proiettili, ed di alcuni testimoni, l’esame dei filmati dei sistemi di videosorveglianza della zona e le intercettazioni di alcune conversazioni, hanno portato sulle tracce di uno dei possibili autori, all’epoca sottoposto agli arresti domiciliari.
In particolare, importanti indizi a suo carico sono emersi dalle intercettazioni dei colloqui tenuti in carcere da un altro degli arrestati oggi (all’epoca dei fatti vicino di casa del principale sospettato), a distanza di qualche mese sorpreso in possesso di un vero e proprio arsenale custodito all’interno della sua abitazione in via P. Nenni (fra cui una pistola cal. 9 con matricola abrasa, numerosissime cartucce per pistola e fucile, un fucile a canne mozze, detonatori, micce e giubbotti antiproiettili) e per tale ragione tratto in arresto e detenuto presso la locale casa circondariale di Taranto.
Dalle conversazioni è apparso chiaro che quest’ultimo custodiva le armi per conto del primo (cui lui stesso addebitava l’esecuzione dell’omicidio), e che temeva seriamente avesse potuto impiegarne una nell’esecuzione del grave fatto di sangue.
Dall’analisi del traffico telefonico, poi, è stato ben presto individuato il secondo autore del brutale omicidio, legato al primo da un vincolo di parentela, essendo cugino della moglie.
Tra i due numerosi furono i contatti in particolare il giorno prima ed il giorno dopo l’omicidio, sino ad appena due ore e mezza dalla sua consumazione, momento dal quale cessavano improvvisamente.

L’auto utilizzata dagli indagati, risultata rubata il 7 maggio precedente a Grottaglie, venne rinvenuta, completamente incendiata e distrutta, poche ore dopo l’agguato lungo la “S.P. 130”, assai vicino al quartiere cittadino di “Paolo VI”, dove abitavano i due sospettati.
A compiere il furto un esperto ladro ultrasessantenne, destinatario oggi della misura degli arresti domiciliari. Costui, che in una fase successiva ha ammesso di conoscere almeno uno degli autori dell’omicidio, tenne contatti telefonici con entrambi i killers nei giorni immediatamente precedenti al furto dell’auto, e pochi giorni prima l’omicidio di Reale. Elementi, questi, che fanno ritenere fosse stato contattato proprio per procurare l’auto da impiegare nell’esecuzione del delitto.
Dalle indagini è stato anche possibile stabilire il movente dell’omicidio. Reale sarebbe stato ucciso perchè, tramite terze persone, aveva preteso da uno dei suoi assassini il pagamento di un debito di 29.000 euro. Reale, in pratica, si era reso colpevole agli occhi di uno dei due suoi killer di aver mandato un emissario per l’esazione. Essendo sia la vittima che i suoi assassini malavitosi di lungo corso, con plurimi e gravi precedenti nel commercio degli stupefacenti, è ragionevolmente ritenere che quel debito derivasse da transazioni illecite.

Legata proprio all’ambizione di uno degli indagati di acquisire l’egemonia nello spaccio di stupefacenti nella zona è un’altra vicenda emersa nell’estate del 2016 nel corso delle indagini per l’omicidio, condotte dalla Squadra Mobile.
Si tratta della brutale aggressione ai danni di un uomo di 34 anni abitante nel quartiere “Paolo VI”, con precedenti per stupefacenti, il quale la sera del 26 agosto venne sequestrato all’interno dell’abitazione di uno degli indagati, e, sotto la minaccia di un fucile, percosso sulla fronte col calcio di una pistola (riportando un trauma cranico con profonde ferite lacero-contuse) e costretto ad ingoiare diverse cartucce, il tutto allo scopo di imporgli l’acquisto di stupefacente.
La vittima, letteralmente terrorizzata, non denunciò e si recò al pronto soccorso del vicino ospedale civile “Moscati” riferendo ai sanitari di essere caduto dalla motocicletta a causa di un semplice incidente stradale.
A non essere stati denunciati – nonostante siano stati commessi per strada ed in luoghi molto frequentati – sono pure altri gravi episodi, riconducibili ad un vero e proprio contesto di guerra tra bande e ricostruiti soltanto grazie ad alcune telecamere installate dagli inquirenti: un ordigno esplosivo piazzato e fatto deflagrare durante la notte tra il 7 e l’8 ottobre del 2016 sotto l’autovettura Fiat 600 di proprietà di un altro degli indagati, facente parte di una fazione opposta, ed all’esplosione di un colpo di fucile, consumato quella stessa notte, contro l’autovettura di una “Renault Modus”, parcheggiata anch’essa lungo la via Nenni, in corrispondenza dell’abitazione di un appartenente al gruppo avverso.

Qualche giorno dopo, nel corso di una perquisizione domiciliare eseguita dagli agenti della Squadra Mobile nell’abitazione di uno dei soggetti coinvolti nello scontro, fu rinvenuta una borsa del tutto simile a quella indossata dal killer individuato attraverso le telecamere.

Le stesse immagini hanno permesso di accertare che i due episodi erano strettamente connessi tra loro, rappresentando una botta e risposta da parte degli indagati, in contesa tra loro per il predominio nello spaccio degli stupefacenti.

Nella contesa in atto tra i due gruppi rientra anche un agguato consumato qualche tempo dopo ai danni di uno degli indagati (colui che aveva materialmente collocato l’esplosivo sotto l’auto dei suoi rivali), al cui indirizzo venivano sparati alcuni colpi d’arma da fuoco, forse con l’intento di gambizzarlo, senza tuttavia che lo stesso venisse colpito.
Uno solo degli arrestati oggi è accusato di detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente, sulla base di dichiarazioni auto-accusatorie rese nel corso di alcuni colloqui tenuti in carcere.

Gli provvedimenti eseguiti oggi si sono resi necessari a fronte della pericolosità degli indagati, alcuni dei quali vantano un curriculum criminale densissimo di condanne per i più gravi reati e capaci di atti assai violenti, in un clima di conflitto che non risulta ancora del tutto risolto; soggetti attorno ai quali, peraltro, si è elevato un preoccupante muro d’omertà, sintomatico della loro capacità di incutere timore o comunque di raccogliere la compiacenza da parte di quanti come loro sono convinti che certi conti si regolano fuori dalle aule di giustizia.