La Camera approva la legge sull’abbattimento delle barriere architettoniche

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Con 438 voti favorevoli, è stata approvata ieri alla Camera la legge n.°1013 “Disposizioni per il coordinamento della disciplina in materia di abbattimento delle barriere architettoniche”,

volta all’emanazione di un regolamento ove far confluire, coordinare ed aggiornare le vigenti prescrizioni tecniche per l’eliminazione delle barriere architettoniche per gli edifici pubblici e privati e per gli spazi e i servizi pubblici o aperti al pubblico o di pubblica utilità.

“Questo provvedimento – spiega in una nota l’onorevole Ludovico Vico – giunge alla Camera all’indomani della 15ª edizione della Giornata nazionale per l’abbattimento delle barriere architettoniche, che si celebra il 1° ottobre. Abbattere le barriere architettoniche, consente di garantire il rispetto dei principi fondamentali della Costituzione italiana, che al secondo comma dell’articolo 3, recita: è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Le norme che attualmente regolano questo tema sono numerose: la legge n. 13 del 1989, che disciplina l’abbattimento delle barriere architettoniche e stabilisce i termini e le modalità per l’accessibilità a vari ambienti, con particolare attenzione ai luoghi pubblici; il decreto ministeriale n. 236 del 1989, che sancisce che persone affette da disabilità fisica o psichica hanno il diritto di raggiungere l’edificio e le relative unità immobiliari e ambientali, di entrarvi agevolmente e di godere dello spazio e delle attrezzature in condizioni di sicurezza e autonomia, nonché il diritto di accedere agli spazi di relazione e almeno ad un servizio igienico in ogni unità immobiliare e di modificare lo stabile secondo le proprie esigenze; poi, il decreto del Presidente della Repubblica n. 503 del 1996, relativo all’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici pubblici, che fa particolare riferimento all’accessibilità diretta ai servizi e disciplina le soluzioni che la pubblica amministrazione deve adottare per garantire l’accesso ai servizi erogati ai cittadini. Inoltre, c’è la legge quadro sull’handicap, la n. 104 del 1992, che stabilisce che il rilascio delle concessioni edilizie sia vincolato al rispetto delle norme sull’abbattimento delle barriere: le opere pubbliche devono essere considerate inagibili, inabitabili, qualora i disabili abbiano difficoltà ad accedervi, e si prevedono sanzioni per i responsabili. C’è anche il decreto n. 114, emanato il 16 maggio 2008, che contiene le linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi culturali.

“Con la legge “D’Incecco” – afferma ancora il deputato Dem – si vuole emanare un unico regolamento, con il quale unire e dare omogeneità alla normativa sugli edifici, gli spazi e i servizi pubblici e alla disciplina relativa agli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica nonché, in recepimento delle osservazioni della Conferenza delle regioni, promuovere l’adozione e la diffusione della progettazione universale, in attuazione e in conformità ai principi espressi dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità del 13 dicembre 2006, ratificata dal nostro Paese nel 2009. Una Convenzione che sancisce principi importanti come l’autonomia individuale, la libertà di scelta, l’indipendenza, la non discriminazione, la piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società. Principi messi a dura prova dalle difficoltà che invece incontrano quotidianamente le persone diversamente abili”.

In base ai dati Istat in Italia ci sono 3 milioni di persone diversamente abili; secondo il Censis, invece, sarebbero addirittura più di 4 milioni.

“Numeri rilevanti – conclude Vico – nonostante i quali l’Italia non riesce ancora a garantire a questa grande fetta di comunità, rappresentata dalle persone diversamente abili, la possibilità di usufruire di strutture e servizi, principalmente a causa delle barriere architettoniche presenti. Nel nostro Paese, i disabili non hanno vita facile: per loro diventa difficile andare a scuola, lavorare, viaggiare, uscire per fare compere o visitare un luogo pubblico. Lavorare per un Paese a misura di disabile, oltre ad essere segnale di civiltà è un atto dovuto”.