In uscita “LA FAGLIA EMPIREA”, la nuova raccolta poetica di Rosaria Scialpi
In uscita per Brè Edizioni, “La faglia empirea”, la nuova raccolta poetica di Rosaria Scialpi, che ha già esordito nel 2022 con la silloge “Lembi di verità”, vincitrice del Premio Saffo Poesia Giovane e del Premio Troccoli Magna Grecia.
IL LIBRO
L’irreparabile non prevede alternativa o possibilità di scelta. Si può solo sopravvivere e provare a crescere.
In questa raccolta nulla corrisponde necessariamente all’accezione primaria delle parole. Tutto, infatti, è filtrato mediante il ricorso al simbolo, alla metafora e al mito, inteso dall’autrice come un vascello in grado di traghettare fra le epoche, di riconnettere l’umano con ciò che gli pertiene davvero: l’uomo.
“La faglia empirea” è un libro che riesuma archetipi e topoi mitici e li inserisce in una cornice contemporanea perché, contrariamente a quanto da molti affermato, essi non hanno smesso di parlarci, dobbiamo solo cambiare prospettiva e porci in ascolto.
Le arti, ben lontane dall’essere relegate in compartimenti stagni, si compenetrano, regalando alla poesia sfumature che le permettono di farsi cantrice del quotidiano. Non mancano quindi riferimenti anche al repertorio del cantautorato italiano (De André), agli scrittori di ogni epoca e alle arti figurative e plastiche nel contesto urbano.
E poi il Mediterraneo, la Puglia, Taranto, fra storia personale e Storia collettiva.
L’opera si articola in nove sezioni di diversa lunghezza, fra loro ricche di corrispondenze e consta di 100 pagine (in cartaceo).
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Dalla Prefazione di Pierfranco Bruni:
“La poesia di Rosaria Scialpi è una frontiera, una lacerazione, un confine – orizzonte. Questa sua poesia forte, impeccabile sul piano sistematico – linguistico, riavvolge il nastro di un vissuto e di un vivere attraverso una griglia che chiama in causa il mito. Il greco incavo della caverna è oltre la metafisica della consapevolezza perché incide nella roccia il silenzio dell’ascolto.
Un reale meta-fisico che permette a un’onda lontana, come lei stessa scrive, di rompere il silenzio. Perché ciò? Per destare dal torpore ciò che non ha nome. Forse. Una provocazione dentro un autoritratto di un dialogo perspicace tra la poesia e la lettrice che, comunque, crede nel linguaggio poetico che si definisce, appunto, nella confessione. […] Una grande poesia. […] Bellezza come vissuto, come tragico metafisico, come allegoria. E non è dovuto a me, ma alle sensazioni che questo libro proietta in ognuno di noi. Leggerlo è custodirlo. Custodirlo è abitarlo.”
