Ilva. Cassazione su dissequestro beni: gip non spiega perché siano profitto reato

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Roma – Nel provvedimento di sequestro del gip di Taranto non sono state spiegate “le ragioni per cui i beni oggetto del sequestro debbano considerarsi profitto del reato e dunque aggredibili con una misura cautelare”. Sono queste le motivazioni per cui la Cassazione, il 20 dicembre scorso, ha deciso di annullare il maxi sequestro preventivo per 8,1 miliardi di euro nei confronti della Riva Fire, la Holding che controlla l’Ilva di Taranto, ordinando la restituzione dei beni agli aventi diritto.
In particolare la Sesta Sezione Penale osserva che “non è possibile desumere, dalla struttura del provvedimento impugnato, alcun tipo di relazione tra le risorse patrimoniali delle società (controllate o soggette ad influenza dominante) e la destinazione impressa al profitto illecito che sarebbe stato ottenuto dalle società indagate (e controllanti) Riva Fire e Ilva spa.
Il provvedimento era stato disposto dal gip su richiesta della procura di Taranto, il 24 maggio, e confermato dal Riesame il 15 giugno. Riguardava i beni e le disponibilità finanziarie di Riva Fire (Finanziaria industriale Riva Emilio), che controlla l’Ilva di Taranto, sulla base della quantificazione elaborata dai custodi giudiziari degli impianti dell’area a caldo del siderurgico tarantino, per una cifra equivalente alle somme che nel corso degli anni l’Ilva avrebbe risparmiato non adeguando gli impianti. Ora la Suprema Corte, spiegando le ragioni del dissequestro osserva che l’ordinanza del gip “non spiega le ragioni dell’estensione del sequestro rispetto a soggetti e a beni non ricompresi nel provvedimento cautelare” originariamente emesso, “omettendo peraltro di specificare i motivi per i quali tali beni – facenti capo a società giuridicamente autonome rispetto a quelle coinvolte nell’indagine – siano stati considerati profitti dei reati associativi e ambientali oggetti delle imputazioni formulate a carico di persone fisiche nelle posizioni apicali delle società controllate”.
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