Depuratore Sava Manduria: No al Parco delle Acque, meglio il riutilizzo delle vasche di Bagnolo

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Neanche il tempo di prendere in esame le osservazioni al “Progetto del parco delle acque” inviate dai Comuni e dalle Associazioni che il Comitato delle valutazioni ambientali della Regione Puglia, ritenendo la documentazione di AQP incompleta e non adeguata

per il rilascio del provvedimento unico in materia ambientale, ha invitato l’Ente ad individuare, nel più breve tempo possibile, una soluzione ex lege ammissibile, che consenta di avviare il nuovo realizzando impianto di depurazione e attivare lo scarico sul suolo fino alla portata massima di 5.000 mc/d, comprendente gli abitati di Manduria e Sava complessivamente. La priorità per la Regione Puglia è quella di conseguire le preminenti necessità igienico sanitarie ed evitare ulteriore degrado ambientale, risolvendo così la procedura di infrazione in corso a causa del mancato rispetto degli obblighi comunitari (direttiva 91/271/CE).
Lo stop al cosiddetto “Parco delle Acque” era arrivato anche dal Comune di Manduria al termine di riunioni della commissione Ecologia coordinata dal Presidente Ing. Agostino Capogrosso che ha lavorato congiuntamente con amministratori e impiegati comunali  coinvolgendo tecnici, numerose associazioni e comuni cittadini.
Un lavoro proficuo che non ha solo espresso parere Negativo al progetto sulla base di varie osservazioni, ma ha anche lanciato proposte e soluzioni alternative. Le osservazioni presentate si propongono di concorrere ad assicurare la tutela della salute pubblica, attraverso la progettazione e la realizzazione di un sistema di depurazione delle acque reflue sostenibile, sia ambientalmente che economicamente. Accanto alla corposa relazione di 18 pagine del Comune di Avetrana, interessanti anche i punti affrontati dalle Associazioni, in primis Azzurro Jonio che da sempre si batte affinché accanto alla condivisa esigenza di rimediare al deficit di trattamento delle acque reflue si tengano ben presenti altre, irrinunciabili esigenze ed interessi pubblici, di ordine primario, quali la tutela dell’ambiente (in tutte le sue componenti non solo quelle acque da depurare), del paesaggio ed anche della qualità del territorio e delle acque marine, sotto il profilo della loro fruizione, non solo turistica. Tra i vari punti l’Associazione evidenzia che il progetto di AQP vorrebbe la trasformazione delle aree esistenti da zone aride (per motivi metereologici cioè naturali) in ambienti umidi, da Italia del nord, artificiali (addirittura con vegetazione palustre!), con la alterazione del sistema vegetazionale e faunistico autoctono, che determinerà, per tacere del resto, la proliferazione di miliardi di zanzare: da quelle autoctone a quelle di importazione. Tutto in contrasto con l’art. 66 del P.P.T.R. che ammette il riciclo delle acque reflue, ma solo attraverso tecniche che non compromettano l’ambiente e la lettura dei valori paesaggistici.
In diverse relazioni, AQP si muove dal presupposto, indimostrato, che si debba soddisfare un fabbisogno di ben 3,5 milioni di metri cubi annui di acque per l’irrigazione, quando invece l’area è caratterizzata dall’esistenza di ampie fasce rocciose, in alcuni tratti affiorante ed è coltivata prevalentemente con olivi, fichi, mandorli e altre piante che non necessitano di irrigazione, mentre nelle aree fertili è coltivata prevalentemente a vigneto le cui varietà, come il Primitivo di Manduria, che predomina pure nelle campagne di Avetrana, Sava, San Marzano, Torricella, Monacizzo, Pulsano e Lizzano, sono coltivate senza irrigazione, pena l’esclusione dalla DOC”.
Altro importante punto rilevato dal Comune di Manduria riguarda la difformità urbanistica. Le aree che dovrebbero essere occupate dalle strutture (buffer) proposte da A.Q.P. nello strumento urbanistico generale sono attualmente a destinazione agricola. “Il soggetto proponente che vuole ottenerne l’approvazione, occorre che, prima della presentazione del progetto, durante il suo esame o comunque, prima della approvazione definitiva l’opera od il complesso di opere siano conformi alla strumentazione urbanistica, comunale e sovraccomunale.
Diversamente il progetto non può conseguire, come non lo può in questo caso, l’autorizzazione unica regionale.”

C’è, comunque, cauto ottimismo che il lavoro svolto in questi giorni possa tornare utile soprattutto se, abbandonata l’idea del Parco delle Acque, si iniziasse a pensare di riutilizzare opere rimaste sinora “cattedrali nel deserto” come le vasche di Bagnolo lontano finalmente da quel mare che si intende salvaguardare. Soddisfazione è stata espressa dal GEA (Gruppo Ecologista Autonomo): “…dai lavori svolti in commissione, nelle osservazioni presentate sul progetto sono state evidenziate possibili soluzioni tecniche che a nostro avviso ben si sposerebbero con le esigenze indicate nella nota (del Comitato regionale delle valutazioni ambientali NdR ). Di tali proposte ci auspichiamo che AQP tenga conto nelle future decisioni e scelte progettuali.