Covid. Coldiretti: Rischio zona rossa per la sesta settimana costa 140 mln alla Puglia

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La Puglia a rischio zona rossa per la sesta settimana consecutiva costa quasi 140 milioni di euro in mancati consumi con un drammatico effetto a valanga sull’occupazione che si aggiunge alle sofferenze e alle vittime causate dalla pandemia.

E’ quanto stima Coldiretti Puglia, alla notizia che la nostra regione potrebbe essere confermata in zona rossa per altri 7 giorni.

Il passaggio almeno in zona arancione è una misura attesa dopo che le chiusure per arginare la diffusione della pandemia hanno tagliato i redditi degli operatori. Nell’attività di ristorazione – rileva la Coldiretti regionale – sono coinvolti circa 22mila tra bar, ristoranti e agriturismi in Puglia, ma le difficoltà si trasferiscono a cascata sulle oltre 100mila aziende agricole e stalle, più di 5mila imprese di lavorazione alimentare e una capillare rete di distribuzione lungo la filiera impegnate a garantire le forniture alimentari.

“La chiusura di ristoranti, pizzerie ed agriturismi duramente provati dalla chiusure forzate travolgono a valanga interi settori dell’agroalimentare Made in Italy con oltre 80mila di tonnellate di vino e cibi invenduti in Puglia. Ogni giorno di ritardo sulle vaccinazioni costa in media alla Puglia oltre 20 milioni in mancati consumi”, denuncia Savino Muraglia, presidente di Coldiretti Puglia.

La pandemia non ha ferito solo lo spirito, ma anche la quotidianità della vita con l’emergenza Covid con i consumi crollati dell’11,8% nel 2020 rispetto all’anno precedente al minimo dall’ultimo decennio per effetto delle restrizioni adottate per combattere il Covid.  A far registrare il risultato più negativo – sottolinea la Coldiretti regionale – sono stati gli alberghi ed i ristoranti con un calo del 40,2% seguiti dai trasporti che si riducono del 26,5% e dalle spese per ricreazione e cultura che scendono del 22,8%. In controtendenza – continua la Coldiretti Puglia – sono solo i consumi alimentari delle famiglie tra le mura domestiche che fanno registrare un segno positivo e aumentano complessivamente del 3,3% che tuttavia non compensano il crollo della spesa fuori casa.

La battaglia contro il virus – aggiunge Coldiretti Puglia – resta certamente la priorità numero uno per uscire da una crisi sanitaria, sociale ed economica che deve vedere le forze sociali al fianco delle Istituzioni. Tra le attività economiche ad essere più colpite sono gli alberghi ed i ristoranti con un calo del 40,2% seguiti dai trasporti che si riducono del 26,5% e dalle spese per ricreazione e cultura che scendono del 22,8%, ma in media i consumi scendono dell’11,8%, sulla base dell’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al 2020. Dopo un anno di Covid le aperture a singhiozzo hanno messo in ginocchio l’intera filiera dei consumo fuori casa che vale 1/3 della spesa alimentare dei pugliesi fuori casa.

La drastica riduzione dell’attività – sostiene la Coldiretti Puglia – pesa infatti sulla vendita di molti prodotti agroalimentari, dal vino all’olio extravergine, dalla carne al pesce, dalla frutta alla verdura che trovano nel consumo fuori casa un importante mercato di sbocco. Sui settori maggiormente colpiti pesano le difficoltà del turismo che diventa importante far ripartire al più presto per evitare il rischio di una estate senza stranieri in vacanza in Puglia che costerebbe quasi 2 miliardi per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti, divertimenti, shopping e souvenir.

L’emergenza Covid ha impoverito più di una famiglia su quattro (28,8%) che ha dichiarato nel 2020 un peggioramento della situazione economica rispetto all’anno precedente. Un deterioramento della situazione economica che – sottolinea la Coldiretti – ha colpito di più le regioni ricche del Centro (30,5%) e del Nord (28,8%) rispetto al Mezzogiorno (27,7%) secondo l’analisi di Coldiretti su dati Bes dell’istat dell’Istat.

La punta dell’iceberg delle difficoltà in cui si trova la Puglia è rappresentata – conclude Coldiretti Puglia – da circa milione di persone a rischio povertà, con un’incidenza media pari al 30,4%. Si tratta del valore più elevato degli ultimi quindici anni, dove fra i nuovi poveri sono coloro che hanno perso il lavoro, piccoli commercianti o artigiani che hanno dovuto chiudere, le persone impiegate nel sommerso che non godono di particolari sussidi o aiuti pubblici e non hanno risparmi accantonati, come pure molti lavoratori a tempo determinato o con attività saltuarie che sono state fermate dalla limitazioni rese necessarie dalla diffusione dei contagi per Covid.