Operazione “The Old 2”: nuove misure contro vertice SCU tarantina

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I Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Taranto hanno
stroncato nuovamente il presunto vertice della Sacra Corona Unita tarantina notificando, presso le Case Circondariali di Lecce e Cosenza, due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP del Tribunale di Lecce dr. Stefano SERNIA, su richiesta del Sost. Procuratore della Repubblica di Lecce – Direzione Distrettuale Antimafia – dr. Alessio COCCIOLI.
I provvedimenti sono stati contestati a Francesco LOCOROTONDO, 58 anni, detto “Scarpa Longa”, pluripregiudicato di Crispiano, già accusato di avere un ruolo di rilievo all’interno della Sacra Corona tarantina e già esponente del clan MODEO negli anni Novanta e di Salvatore D’ETTORRE, detto “Totore”, lizzanese 46enne pluripregiudicato. I due erano già stati arrestati nel mese di giugno 2014 nell’ambito dell’operazione convenzionalmente denominata “The Old”, avviata nel 2011 e condotta dal Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dell’Arma ionica, sempre sotto il coordinamento del Sost. Procuratore Alessio COCCIOLI e sono tuttora in regime di custodia cautelare, rispettivamente il primo presso la Casa Circondariale di Cosenza ed il secondo preso quella di Lecce. I due furono arrestati insieme ad altre 30 persone ritenute appartenenti ad un’associazione per delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsioni, porto e detenzione di armi ed esplosivi, operante nella provincia jonica. LOCOROTONDO era il promotore del clan ed aveva assunto la dote di “medaglione con catena” – massimo livello nell’ambito dell’associazione mafiosa “Sacra Corona Unita”.
Le indagini del Nucleo Investigativo, dirette dalla D.D.A. salentina, avevano accertato l’esistenza di un organigramma criminale di stampo mafioso, che operava sia nell’area orientale che in quella occidentale della provincia ionica facente capo a LOCOROTONDO e ai fratelli pluripregiudicati e capi dell’omonimo gruppo criminale che agiva a Lizzano, Cataldo e Giovanni Giuliano Cagnazzo, quest’ultimo denominato “Il vecchio”.
Nell’ordinanza in questione il G.I.P. d.ssa Cinzia VERGINE aveva riscontrato tutti i connotati di un gruppo criminale mafioso. LOCOROTONDO, attualmente, è in attesa di giudizio per i reati contestati, mentre D’ETTORRE, all’esito del giudizio di Riesame, è detenuto per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Con l’operazione denominata THE OLD 2 contestati altri episodi ed emesse ordinanze per il reato di concorso in estorsione aggravata dall’appartenenza ad associazione mafiosa. Fino ad ottobre del 2013, i due avrebbero costretto il titolare di un’impresa che opera in provincia a consegnare loro somme di denaro a titolo estorsivo, avvalendosi nell’illecita richiesta delle condizioni di assoggettamento ed omertà tipiche delle associazioni di stampo mafioso.
Dalle intercettazioni telefoniche è emerso che LOCOROTONDO, dimostrandosi persona assolutamente scaltra e diffidente, in grado di evitare termini minacciosi o comunque compromettenti, avrebbe incaricato D’ETTORRE, di incontrare – con cadenza mensile -l’imprenditore vessato per “prendere un caffè”, che in realtà significava, secondo gli inquirenti, percepire l’indebito profitto, tant’è che, ricevuto il danaro, Locorotondo avrebbe lamentato che la somma non bastava neanche “a pagare uno stipendio”; in altre circostanze, il passaggio di danaro era indicato, sempre in linguaggio convenzionale, come interessamento all’acquisto di un rimorchio o un camion.
Nel provvedimento odierno, il GIP del Tribunale di Lecce dr. SERNIA ha quindi riconosciuto e sottolineato l’evidente situazione di sottomissione della vittima intimorita dai due presunti mafiosi, al punto da far apparire l’illecito legame quasi come confidenziale. Tutto dunque conferma quanto emerso nell’operazione “The Old” in termini di affari illeciti del clan; di rigore delle regole interne e struttura gerarchica con rigida ripartizione dei ruoli; il particolare vocabolario degli affiliati che comprendeva sintomatiche locuzioni, quali “famiglia”, “cupola”, “giuramento”, “società”, “appartenenza”, “parrocchia”, estendendosi all’indicazione delle “doti”, intese quali gradi nell’ambito della malavita, con “battesimi”, perlopiù effettuati presso la masseria dei fratelli CAGNAZZO, intesi come affiliazione di prima, di seconda, di quarta, nonché l’indicazione del “taglio”, che evocava la piccola ferita con sanguinamento che suggella l’affiliazione e la correlata acquisizione del “diritto di parola” all’interno del clan.