Cannabis e salute del cuore: “Ora è certo, aumenta il rischio di infarto, ictus e aritmie anche nei giovani”
I danni provocati dalla cannabis non riguardano solo la sfera neuropsichiatrica. Nuove e autorevoli evidenze scientifiche dimostrano che l’uso di cannabinoidi rappresenta anche un importante fattore di rischio cardiovascolare, con conseguenze gravi come infarto, ictus, fibrillazione atriale e aritmie, anche tra i giovani in buona salute.
A lanciare l’allarme è il dottor Stefano De Lillo, vicepresidente dell’Ordine dei Medici di Roma e coordinatore della Commissione per la prevenzione delle dipendenze, che commenta i risultati di uno studio retrospettivo su oltre 4,6 milioni di persone pubblicato su JACC Advances, e di una recente meta-analisi presentata al Congresso annuale dell’American College of Cardiology (Chicago, marzo 2025).
“I nuovi dati non lasciano più spazio a interpretazioni – afferma De Lillo –. Nei soggetti sotto i 50 anni che consumano cannabis, il rischio di infarto risulta più che sestuplicato rispetto ai non consumatori. Anche un uso sporadico si associa a un incremento significativo del rischio cardiovascolare”.
Tra i numeri più rilevanti:
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+25% di rischio di infarto ed eventi ischemici
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+42% di rischio di ictus cerebrale
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+36% di rischio tra uomini sotto i 55 anni e donne sotto i 65
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Rischio doppio di fibrillazione atriale nei pazienti che usano cannabinoidi a scopo terapeutico (dati European Heart Journal)
La fibrillazione atriale, sottolinea il medico, è a sua volta una delle principali cause di ictus cerebrale, aggravando il quadro complessivo di rischio associato all’uso di cannabis. “È il momento di inserire con chiarezza i cannabinoidi tra i principali fattori di rischio per le cardiopatie. È fondamentale che l’opinione pubblica, i media, la classe politica e il mondo sanitario prendano atto della gravità della situazione”, aggiunge De Lillo.
L’Ordine dei Medici di Roma è da tempo impegnato nella prevenzione delle dipendenze, con una Commissione dedicata in particolare agli adolescenti. “Portiamo avanti campagne nelle scuole, nei centri sportivi e negli oratori per sensibilizzare i giovani sui rischi di queste sostanze, troppo spesso sottovalutati o banalizzati”, conclude De Lillo.
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