A 2,50 l’ora nel call center. Per i nuovi schiavi niente 1° Maggio

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«Guadagno 2,50 euro all’ora, ma da qualche giorno stanno parlando di un aumento a 3,60 l’ora. Faccio 3 ore al giorno, ma chi è bravo ne fa anche 6». È il grido d’aiuto
raccolto dalla Slc Cgil di Taranto e proveniente da alcuni lavoratori di un call center del capoluogo ionico che, incurante dell’accordo nazionale tra sindacati e Confindustria del 1 Agosto 2013 – in cui si sanciva che la paga del collaboratore a progetto di call center deve essere equiparata a quella di un lavoratore subordinato al secondo livello pari a 6 euro l’ora – continua, nonostante le diverse denunce presentate alla magistratura, a sfruttare giovani che pur di portare qualcosa a casa hanno sacrificato la propria dignità umana e professionale.
«Pensavamo di aver toccato il fondo con la scoperta di donne schiavizzate a 9 euro al giorno – ha commentato Andrea Lumino, segretario generale della Slc Cgil di Taranto -, ma purtroppo dobbiamo ammettere che al peggio non c’è mai fine. Perché in questa ultima vicenda siamo rimasti basiti scoprendo che il call center lavora esclusivamente per un colosso della telefonia. Ci chiediamo come sia possibile che una grande azienda, nonostante i nostri ripetuti interventi sul call center in questione, continui ad affidare commesse a chi sfrutta in modo inqualificabile uomini e donne con livelli di retribuzione che assomigliano all’elemosina. Esiste un codice etico per questo grande gestore telefonico che possa imporre il rispetto dello statuto dei lavoratori anche per le aziende che operano nel loro indotto? Attendiamo con ansia di conoscere la posizione del committente telefonico e di sapere se intende continuare a favorire un luogo in cui il primo maggio c’è ben poco da festeggiare».
Il call center, situato a due passi dalla concattedrale di Taranto, nel passato è finito più volte sotto la la lente del sindacato e poi degli organi di controllo, ma evidentemente non è stato sufficiente. «E se tutto questo non dovesse bastare – ha concluso Lumino – bisogna infine aggiungere che il Governo con i suoi provvedimenti non solo non sta combattendo il precariato, ma sembra intenzionato a voler offrire nuovi strumenti a chi ancora confonde colpevolmente il lavoro con la schiavitù».

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