Taranto: arrestati autori raid alla “Kebabberia Group”. Nomi e Video.

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Individuati ed arrestati dalla Polizia di Stato i componenti di un branco responsabile di un
“raid” ai danni di due dipendenti di una kebabberia.
Una delle vittime venne ferita con tre colpi d’arma da fuoco.
A seguito di indagini dirette dal Sost. Proc. Dr. Enrico BRUSCHI della Procura della Repubblica di Taranto, gli agenti della Squadra mobile della Questura di Taranto hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali emessa dal Gip presso il Tribunale di Taranto (Dr. Giuseppe TOMMASINO) nei confronti di altrettanti soggetti (tutti pregiudicati e dimoranti nei rioni di Tramontone e Paolo VI) ritenuti a vario titolo gravemente indiziati dei reati di lesioni personali, porto in luogo pubblico di arma da sparo e danneggiamento (con le aggravanti di aver commesso il fatto con armi, per futili motivi ed in più persone riunite).
Sono cinque i provvedimenti restrittivi, 4 in carcere ed 1 agli arresti domiciliari eseguiti nei confronti di
 VOLPE Cataldo di anni 40, già detenuto per altra causa;
 DE GIORGIO Antonio di anni 40;
 PALMISANO Nicola di anni 34;
 GUGLIELMI Ivan di anni 41
 DI PALMA Giacomo di anni 41, agli arresti domiciliari.

I fatti sono riferiti una sparatoria consumatasi all’alba del 16 dicembre scorso all’interno di un esercizio commerciale denominato “Kebabberia Group”, ubicato nel viale Europa di Talsano.
Giunti sul posto, dopo una chiamata al 113, gli agenti accertarono che cinque/sei individui, dopo aver sfondato la porta di ingresso dell’esercizio commerciale, e danneggiato altresì arredi e suppellettili vari, aggredirono selvaggiamente due dipendenti che vi si trovavano all’interno, ferendone uno con alcuni colpi d’arma da fuoco. In sede di primo sopralluogo furono rinvenuti tre bossoli ed un proiettile inesploso calibro 6,35, nonché delle ciabatte in plastica di colore bianco e nero ed un copricapo.
Sentite le vittime ed altre persone informate sui fatti, si appurò innanzitutto che la presenza sul posto dei malfattori era dipesa dal fatto che il gestore di altro locale (distante pochi metri dalla kebabberia) ne aveva richiesto l’<> per far cessare l’azione di disturbo posta in essere da alcuni avventori molesti.
Uno di loro (già gravato da precedenti per omicidio, rapina, porto di armi comuni da sparo, violazione di domicilio, furto, spaccio di stupefacenti, violazione degli obblighi connessi alle misure di prevenzione, evasione) considerato nella zona una specie di “giustiziere”, intervenne nottetempo, chiamando a rapporto, nel giro di pochi minuti, gli altri sodali (anche loro con analoghi precedenti), e dopo aver assicurato il proprio intervento presso il locale in questione, decise di porre in essere il “raid” ai danni dei dipendenti della kebabberia. Ciò per aver ricevuto da parte loro il rifiuto (legittimo e motivato, vista la fase di chiusura del locale) di somministrargli un “panino”; rifiuto da lui ritenuto,
evidentemente, un’onta da eliminare con il ricorso alla violenza.
L’indagine, proseguita in un incalzante ritmo, d’intesa con la Procura della Repubblica, si è arricchita di elementi acquisiti già nelle ore immediatamente successive ai fatti attraverso perquisizioni e sequestri (che consentirono di rinvenire, ad esempio, indumenti corrispondenti a quelli descritti dalle vittime) e attraverso l’acquisizione di immagini registrate dal sistema di videosorveglianza del locale ove gli indagati erano intervenuti per “allontanare” gli avventori molesti.
Alcune intercettazioni hanno dato modo di dimostrare la presenza sul luogo dei responsabili e permetterne la loro identificazione.
Fu rinvenuta pure l’auto (un’Opel Zafira) a bordo della quale gli indagati si erano allontanati subito dopo i fatti, che presentava al suo interno tracce di sangue riconducibili all’aggressione consumata qualche ora prima.
Le riprese video hanno dato modo di rilevare le fasi più significative dell’evento. Il momento in cui uno degli indagati si dirigeva verso la kebabberia, per poi uscirne chiedendo l’intervento anche degli altri suoi sodali. Il momento in cui il “branco” accedeva nuovamente all’interno dello stesso locale per compiere l’aggressione; ed infine il momento in cui l’intero gruppo usciva per raggiungere l’autovettura, a bordo della quale dopo altri brevi istanti si allontanava definitivamente.
Un “odioso raid” (così viene definito dal GIP) portato a termine da un branco “multicefalo”, che nella convinzione di rimanere impuniti ha esercitato (probabilmente) l’ennesima violenza e sopraffazione nei confronti di soggetti più deboli.