Manduria. Dal depuratore consortile “sparisce” il recapito finale. Possibile una class action contro AQP

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“Dopo una lunga pausa seguita alla frenetica attività condotta da AQP e ditta Putignano per avviare il cantiere ad Urmu, attività come è noto condotta con inusuale ed inquietante spiegamento di forze dell’ordine, AQP è tornata a chiedere, ed ottenere, il permesso per la messa in opera della condotta lungo il tracciato che va dal vecchio depuratore al sito previsto per il nuovo.”
A fare il punto della situazione sul depuratore consortile Manduria – Sava è l’Avv. Francesco Di Lauro che mette in evidenza quanto scoperto.
“Dall’analisi della documentazione inviata da AQP al COMUNE di Manduria, risulta un ridimensionamento del nuovo impianto, ed altri ridicoli palliativi per edulcorare l’impatto ambientale dell’opera.
NULLA invece è dato rinvenire in detta documentazione circa il recapito finale. È esclusa espressamente la condotta sottomarina, e NON VI È TRACCIA dello scarico in battigia.
Contrariamente a quanto sostenuto inizialmente dal dirigente dell’Ufficio Tecnico ing. Orlando, che aveva addotto detta soluzione a giustificazione della autorizzazione a usare le sedi stradali interessate dai tubi, non esiste allo stato alcuna documentazione o cenno ad un ‘laghetto’ , da ricavarsi ‘nelle immediate adiacenze del depuratore di Urmu’ in cui dovrebbero confluire i reflui depurati. Così come NULLA vi è circa i prospettati buffers e le vasche indicate dall’ing. Valenzano come situabili tra URMU E MASSERIA MARINA, così come lo stoccaggio dei reflui in arrivo da Sava e Manduria nelle vasche tuttora esistenti a ridosso del querceto della ROSAMARINA, dove sembrerebbe prevista una prima depurazione.”
E novità ci sarebbero anche dal punto di vista dell’opposizione all’attuale progetto del depuratore.
“Da settembre ad oggi, abbiamo mantenuto i contatti con il Codacons, in seguito al fallimento dei tentativi di coinvolgere avvocati amministrativisti, uno dei quali già incarico dalla giunta Tommasino di ricorrere, come di fatto vittoriosamente avvenne, al TAR di Lecce, sentenza poi capovolta in seguito alla traslazione del processo, per motivi di competenza, innanzi al TAR di Bari. Le condizioni poste dal CODACONS per iniziare una specie di ‘class action’ contro AQP – afferma l’Avv. Di Lauro – è che vi siano tra i cinquanta ed i sessanta iscritti (per almeno due anni) al CODACONS.
Per accelerare i tempi, sono stati forniti al referente del Codacons avv. RINALDI, di Roma, i primi documenti per uno studio iniziale, ivi compresa la documentazione per la condotta di cui sopra. Il parere espresso, condivisibile allo stato salvo quanto appresso, è che, in assenza delle varianti che ancora non vengono presentate, sarebbe strategicamente controproducente avviare un ricorso contro la documentazione parziale fin qui prodotta.”
“A tale ultimo proposito, – spiega l’Avv. Di Lauro – il Codacons ritiene censurabile ma non necessariamente illegittima la prassi dello ‘spacchettamento’ del progetto, che consiste nella “furbata” di presentare alla firma pezzi dell’intero progetto, senza vincolarne la approvazione all’insieme. È un po’ come presentare la richiesta di autorizzazione per il solo primo piano di un edificio, senza indicare quanto sarà alto, se ha gli scarichi apposto, se ci sono tutti i pareri PER L’INTERO, ETC…
“Riteniamo che – prosegue – questo aspetto vada invece giuridicamente approfondito, ed al più presto, per vagliare se l’autorizzazione concessa dal dirigente comunale Orlando, sia pure e proprio per una trance di un progetto di cui non si sa nulla circa la sua interezza, sia legittimamente stata concessa. Da un punto di vista amministrativo, essa dovrebbe essere, e lo chiederemo al Codacons, impugnabile entro 60 giorni dalla sua concessione. Questo non tanto per iniziare schermaglie su tutti i vari aspetti della progettazione, quanto per veder affermare, se è sancito legislativamente, il principio che un progetto va autorizzato nel suo insieme: diversamente si arriverebbe al paradosso di autorizzare parti, che vengono realizzate, per magari vedersi bocciare il tratto relativo allo scarico finale o allo stoccaggio, con spreco di risorse pubbliche evidente ed insensato.”
L’avv. Francesco Di Lauro rilancia, infine, la necessità di una Consulta.
“Un eventuale mandato al Codacons, la campagna per la adesione alla class action con tesseramento, le iniziative di mobilitazione popolare, la raccolta fondi, la presenza sui media, la proposta di un sito alternativo condiviso eccetera sono invece quanto un organismo unitario non può non portare avanti, sottraendo il contrasto a tale scellerato progetto allo spontaneismo ed alla improvvisazione, alla frammentazione noti a tutti, cui URGE PORRE RIMEDIO.
A tale ultimo proposito, su invito del sottoscritto Francesco di Lauro, crescono le adesioni alla costituenda CONSULTA per un depuratore lontano dalle coste e dalle aree naturali protette. Gruppi, comitati ed associazioni sono invitati ad indicare un proprio delegato possibilmente entro la fine di gennaio, per poi dare vita alla prima assemblea avente ad oggetto composizione e funzionamento dell’organismo costituito. Il nominativo del delegato e del gruppo vanno comunicati all’indirizzo dilauro@pec.it”.