Ilva. Processo per morti dovute a esposizioni ad amianto: 27 condanne

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Taranto – Sono stati condannati a pene che vanno da un minimo di 4 anni e mezzo a un massimo di 9 anni 27 ex dirigenti dello stabilimento siderurgico di Taranto imputati nel processo per le morti di 15 operai, avvenute per esposizione all’amianto sia nel periodo in cui la fabbrica era di proprietà pubblica sia dopo, quando è diventata di proprietà della famiglia Riva.

La seconda sezione penale del Tribunale di Taranto ha inflitto le condanne più alte a tre ex dirigenti dell’Italsider per il periodo in cui lo stabilimento siderurgico più grande d’Europa era di proprietà pubblica, fino agli anni ’90. Fabio Riva, figlio del patron Emilio deceduto il 30 aprile scorso, e l’ex direttore dello stabilimento Luigi Capogrosso, sono stati condannato a sei anni. Solo uno degli imputati è stato assolto.
Le accuse nei confronti degli imputati, a vario titolo, sono omicidio colposo e l’omessa cautela nelle misure di sicurezza.
Dal procedimento, in cui sono stati ascoltati molti testimoni, è emersa l’assenza o la grave negligenza nel disporre misure di sicurezza per preservare la salute degli operai dello stabilimento dalle fibre killer dell’amianto che hanno causato, dal 1978 ai primi anni del 2000, diversi decessi accertati per tumore o mesotelioma, patologie di cui soffrono ancora altri ex operai.
Al processo si erano costituiti parte civile l’Associazione nazionale mutilati e invalidi per il lavoro (Anmil), la Fiom-Cgil, la Uil, le associazioni Contramianto, Associazione nazionale amianto e l’Inail.
Solo a quest’ultima è stata riconosciuta la provvisionale, mentre i risarcimenti alle altre parti civili saranno giudicati separatamente. Accettata anche la richiesta di trasmissione degli atti alla Procura della Repubblica per falsa testimonianza per una posizione.

Per Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente Territorio e Lavori Pubblici della Camera, la sentenza segna “una discontinuità rispetto alla cattiva gestione e alle omissioni criminali che si sono avute in passato sull’Italsider e sull’Ilva”.
“Quanto è avvenuto nel capoluogo pugliese – ricorda – è il frutto avvelenato di una industrializzazione indifferente alle ragioni dell’ambiente e della salute e per questo priva di futuro, di colpe gravissime ed omissioni che riguardano anche la politica e le istituzioni che partono da lontano e arrivano fino a noi”. “Per superare questa pesante eredità – conclude – è necessario accelerare i processi di riduzione dell’impatto ambientale dell’azienda e bonifica dell’area in atto.