Ilva: Per i giudici del Riesame in azienda governo occulto costituito da fiduciari

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TARANTO – Sono state depositate oggi le motivazioni dei giudici del Tribunale del Riesame di Taranto che, lo scorso 15 giugno, hanno rigettato i ricorsi presentati dalle società Riva Fire Spa e Riva Forni Elettrici Spa contro il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente di beni nella disponibilità di Riva Fire e Ilva spa per 8 miliardi e 100 milioni di euro. In questo modo hanno confermato il provvedimento cautelare disposto dal gip Patrizia Todisco, su richiesta della Procura della Repubblica, il 22 maggio, ed eseguito (almeno in parte) dalla Guardia di Finanza. La somma corrisponde al presunto profitto che sarebbe stato realizzato negli anni passati e che, secondo i magistrati, si sarebbe dovuto impiegare per rendere gli impianti dello stabilimento siderurgico jonico ecocompatibile fermando il presunto disastro ambientale di cui sono accusati i vertici del gruppo.
“Se il profitto del reato di associazione a delinquere contestato a Emilio Riva, ai figli Nicola e Arturo Fabio, a Luigi Capogrosso, e a Girolamo Archinà è costituito dalla sommatoria dei profitti dei reati scopo dell’associazione, legittimamente esso è stato individuato con riferimento ai vantaggi tratti dai singoli delitti di disastro doloso, omissione dolosa di cautele contro gli infortuni sul lavoro e avvelenamento doloso di acque e sostanze alimentari, il cui conseguimento è stato senz’altro agevolato dall’esistenza di una stabile struttura organizzativa fondata su un collaudato sistema radicato nei vertici della proprietà e della dirigenza dello stabilimento Ilva, incentrato sulla rigorosa applicazione di logiche affaristiche e di profitto ad ogni costo”. E’ quanto sottolineato nel documento di 41 pagini redatto dai giudici Alessandro De Tommasi, presidente, Massimo De Michele, giudice a latere, e Benedetto Ruberto, giudice relatore, i quali evidenziano inoltre come l’operazione di scissione della stessa azienda è avvenuta ”in piena bufera giudiziaria, dopo che lo stabilimento Ilva è stato sottoposto a sequestro e dopo il decreto di sequestro preventivo dei prodotti emesso il 22 novembre 2012”. Inoltre, ”l’amministratore delegato della nuova società è comunque un membro della famiglia Riva”. Il patron del colosso, tramite usufrutto, ha comunque la disponibilità delle due quote societarie del complessivo maggior valore rispetto agli altri soci.
Tutti indizi, conclude il Tribunale, dai quali si desume che lo scopo dell’operazione ”fosse proprio quello di creare un nuovo organismo a cui dirottare beni, al fine di tutelarli da eventuali iniziative dell’autorità giudiziaria.
Nelle motivazioni, i giudici fanno un accenno anche alla figura dei cosiddetti fiduciari: per il Tribunale si tratta, in definitiva, di soggetti che, non inquadrati nell’organico di Ilva Spa ma riconducibili direttamente alla proprietà ed alla famiglia Riva, hanno esercitato un penetrante dominio sull’azienda dettando dall’esterno le linee della politica aziendale” e concorrendo quindi alla commissione dei reati contestati dalla Procura.ilvabis