Depuratore Manduria Sava. Legambiente ribadisce il NO alla “politica del tubo”

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“Esprimiamo un forte dissenso alla politica delle condotte sottomarine che la Regione e le amministrazioni locali, avevano intrapreso

nella precedente fase di governo.“– hanno dichiarato Giuseppe De Sario e Gianfranco Cipriani rispettivamente Presidenti dei Circoli Legambiente di Manduria e Maruggio dopo un incontro tra alcuni componenti dei direttivi dei due circoli locali – “Abbiamo accolto con entusiasmo la posizione del Presidente Emiliano assolutamente in linea con la politica di escludere la realizzazione della condotta sottomarina quale recapito finale del depuratore di Manduria.
Raccogliamo con preoccupazione – continuano i due presidenti che hanno deciso di fare fronte comune per la tutela ambientale dei territori attigui ai loro circoli – le dichiarazioni di alcuni consiglieri regionali e amministratori locali che insistono ancora sulla possibilità di realizzare la condotta sottomarina tornando quindi al vecchio pensiero che tutta la gestione dei reflui “depurati” debba incentrarsi sulla “politica del tubo” anzichè in una politica – assolutamente più idonea in una regione assetata di acqua – incentrata su lagunaggio, fitodepurazione, riuso in agricoltura, risparmio della risorsa idrica, scarico zero.
Ci chiediamo quale sia il vero volto di Regione ed enti locali, e quale sia la direzione sulla gestione dei reflui. Il volto “bello e sostenibile” del neo Presidente Emiliano o quello vecchio e spregiudicato della precedente amministrazione? Si vuole davvero fare questo scandaloso e orribile tuffo nel passato, come se lo scarico a mare fosse la soluzione di tutti i mali?
Non ci pare vero che ancora oggi in questo tratto di mare – che riguarda i territori dei circoli di Legambiente Manduria e Maruggio – che può essere uno dei luoghi della migliore Puglia turistica, dobbiamo assistere a questa battaglia di retroguardia a colpi di ottusi e costosi tubi che allontanano di un paio di chilometri il problema dell’inquinamento.
Ci poniamo in aperto contrasto con tutti coloro i quali continuano ad insistere sulla realizzazione della condotta sottomarina sia pure quale ipotesi emergenziale.
Non si tiene conto della morfologia del fondale marino e della presenza di ecosistemi marini fondamentali per la produttività del mare, per il suo equilibrio. Ecosistemi, come le praterie di Posidonia oceania molto sensibili ad un eventuale intorbidimento delle acque.
Non si tiene conto dei problemi che potrebbero innescarsi combinando il quadro climatico che vede estati caldissime con mare piatto per intere settimane, l’apporto di nitrati dello scarico e le possibili fioriture algali in una località turistica in cui il mare cristallino è il fattore principale di attrazione.
In un quadro così complesso la condotta sarà un colossale investimento per un’opera inutile e dalla manutenzione impossibile. L’Italia (e più ancora il sud) è pieno di storie scandalose e terrorizzanti riguardanti i malfunzionamenti delle condotte.
Lo ribadiamo a chiare lettere la condotta ha troppi difetti: costosa, impattante, di difficile manutenzione, non migliora la qualità dei reflui, non porta a risparmio idrico ed infine di difficile controllo. Non vogliamo essere capziosi o malpensanti ma una ultradecennale esperienza ci insegna che in Italia c’è bisogno di un costante controllo sugli scarichi. Con lo scarico a chilometri dalla costa ci accorgeremmo troppo tardi di malfunzionamenti e come già accaduto assisteremmo al solito scaricabarile di rito sulle responsabilità. Infine in un momento di crisi in cui c’è bisogno di un attento controllo della spesa non è accettabile costruire un’opera costosissima per buttare via una potenziale risorsa.
Noi siamo e saremo favorevoli a qualsivoglia progetto che escluda l’ipotesi dello scarico a mare, ma che al contempo sia assolutamente rispettoso dell’ambiente sia marino che terrestre.
Un buon progetto, ad esempio, potrebbe essere quello del ripascimento della falda ma non certo il progetto alternativo proposto da aqp che prevede le famigerate trincee drenanti che tanti problemi hanno dato in varie zone della Puglia e del Salento; infatti anche la scienza ha oramai evidenziato tutti i limiti delle trincee drenanti, soggette a continue sostituzioni e che finiscono col diventare dei veri e propri incubatori batterici. Le principali obiezioni al sistema delle trincee drenanti sono esemplificativamente: – rendimenti depurativi non eccellenti – costi di istallazione elevati – costi accessori per le relazioni geologiche necessarie- impossibilità di istallazioni in terreni poco drenanti o con falda alta- possibilità di impaludamento del terreno a causa del cattivo drenaggio – elevati costi d’esercizio per la necessità di energia elettrica costante per i percolatori aerobici che funzionano ad energia elettrica- operazioni di gestione e manutenzione da effettuare da personale specializzato- elevati costi ambientali),.Senza considerare che tale progetto potrebbe andare ad interessare direttamente o indirettamente aree protette o vincolate. Se, però, noi ribadiamo e sottolineano la bontà di altri progetti alternativi, non capiamo perché sul progetto della fitodepurazione non vi sia stata alcuna risposta da parte della politica; e questo nonostante il fatto che l’unica risposta tecnicamente qualificata a questo progetto sia invece arrivata – con esito positivo, dal Cnr che ha sostenuto come quella potrebbe essere un ipotesi assolutamente percorribile. Inoltre anche le sterili critiche che spesso vengono mosse alla fitodepurazione denotano spesso una mancanza di informazioni. Infatti spesso si parla di ettari di liquami, quando invece si tratta di acque già depurate, inoltre la creazione di bacini di lagunaggio, oltre a creare una grande biodiversità, modifica in senso positivo il microclima, rendendolo meno arido fermando l’avanzata della deserificazione ed arginando la salinizzazione della falda.
L’ impianto bio-fitodepurazione di Melendugno è diventato un esempio da imitare, eliminando il luogo comune secondo cui depurazione significa solo trattamento di reflui”.
l’impianto di bio-fitodepurazione di Melendugno, è il più grande impianto di fitodepurazione d’Italia, tra i primi d’Europa per grandezza e capacità di portate di reflui civili e vincitore del premio nazionale “Pianeta acqua 2011”.
Un grande investimento fatto in Puglia nel settore della depurazione dei reflui prodotti dagli esseri umani che e’ servito per trasformare questi ultimi in una risorsa, coniugando l’esigenza di sanificazione e il recupero ambientale. Questo impianto deve diventare l’emblema di questa congiunzione e deve contestualmente servire a raccontare ai cittadini, che quello della sanificazione e’ un processo di modernità e salute e che tutti dovrebbero fare a gara per avere nel giardino di casa propria una realtà come questa.
L’impianto di fitodepurazione delle acque provenienti dall’impianto consortile di depurazione di Melendugno, comprende 6 vasche in successione e comunicanti, che occupano una superfice pari a circa 5,00 ettari. L’impianto si presenta come un bacino palustre naturale ed e’ il più grande d’Italia riprodotto artificialmente. L’impianto di fitodepurazione o area umida artificiale rappresenta un’alternativa ai trattamenti finali della depurazione tradizionale, rispetta l’ambiente ed è vantaggioso dal punto di vista economico (risparmio d’energia elettrica, limitati costi di gestione) ed ambientale (attraverso un miglior impatto sul paesaggio, la eliminazione di trattamenti di disinfezione e loro sottoprodotti). Per questo progetto, l’Assessorato alle Opere Pubbliche della Regione Puglia ha perfino ricevuto a suo tempo a Bologna il premio nazionale “Pianeta Acqua”, promosso dal Forum Nazionale per il Risparmio e la Conservazione della Risorsa Idrica nella categoria “civile”. Scopo del premio promosso dal Forum Nazionale per il Risparmio e la Conservazione della Risorsa Idrica è quello di valorizzare le buone pratiche nel campo del risparmio e della conservazione dell’acqua.
Rivolgiamo quindi un appello alle amministrazioni a ritornare sulla strada del riuso, della depurazione naturale e dello scarico zero con l’introduzione di una fase terziaria di fitodepurazione (a valle della trattamento dell’ impianto), con lagunaggio e utilizzo dell’impianto di affinamento per la parte da destinare al riuso agricolo è una soluzione che può garantire innanzitutto lo stop dello scarico a mare, la creazione di riserve idriche per usi agricoli e civili non potabili (antincendio, lavaggio strade), la rivitalizzazione di aree umide, la ricarica di una falda più che mai compromessa. Il tutto con una “infrastruttura” naturale che in diversi casi si è trasformata in giardino pubblico, con un bassissimo tasso tecnologico, senza uso di chimica e con una manutenzione del tutto simile ad un lavoro di giardinaggio che potrebbe essere fatto da maestranze locali.